da Roma
Se non ero io il premier...». Se non fossi stato il presidente del Consiglio, rivela il Cavaliere, «l’Alitalia l’avrei comprata io». Se non fosse quindi per il conflitto d’interesse, «non avrei esitato un istante ad acquisire una quota importante della compagnia». Perciò lui si è limitato a lanciare un appello «al quale sedici motivati imprenditori hanno risposto con convinzione alla richiesta di mettere a disposizione fondi cospicui in nome dell’interesse nazionale, per conservare all’Italia la sua compagnia di bandiera».
Operazione riuscita. Ma è stata dura, dice Silvio Berlusconi, e non solo perchè «i piloti hanno firmato alle quattro e mezzo del mattino». Ma anche, come spiega nell’ultimo libro di Bruno Vespa, Un’Italia diversa. Viaggio nella rivoluzione silenziosa, perché su tutta la vicenda «ha pesato non poco» la politica, cioè gli ostacoli messi dal partito di Veltroni che «ha giocato contro il Paese». «La Cgil, dopo aver detto un quasi sì, si era adeguata alle pressioni della sinistra e alla sua logica del “tanto peggio tanto meglio” pur di dare un colpo al governo, privilegiando i suoi interessi di parte invece di quelli del Paese».
E pure il Pd, secondo il Cavaliere, ha faticato a mantenere una rotta equilibrata e coerente. «Prima i vertici del partito hanno irriso e contrastato in tutti i modi il progetto su cui mi ero impegnato fin dalla campagna elettorale. Poi, quando hanno dovuto constatare che gli imprenditori e i finanziamenti esistevano davvero, pur di scongiurare un nuovo successo di Berlusconi dopo Napoli, hanno giocato contro il governo e contro l’Italia. Volevano far cadere su di noi la colpa del fallimento delle trattative, gli scioperi, l’interruzione dei voli e la chiusura dell’Alitalia».
Ma alla fine il Partito democratico è stato costretto a virare. «È successo - insiste il premier - che l’opinione pubblica ha capito il giochetto e si è schierata dall’altre parte. Così il segretario del Pd ha dovuto frettolosamente cambiare strategia cercando poi addirittura di attribuirsi il merito del buon esito della vicenda». Conclusione: «Credo che si debba constatare che in Italia c’è un governo nuovo, che ha il coraggio di esporsi in prima persona assumendosi il rischio di obbiettivi difficili e importanti e che prende decisioni forti come raramente si è visto fare negli esecutivi che ci hanno preceduto e nella storia della Repubblica». Walter Veltroni si metta dunque il cuore in pace e si acconci a una lunga stagione di opposizione: «Il Partito democratico si deve rassegnare a questa nuova forza del governo e della sua maggioranza. Gli italiani per conto loro lo hanno già capito molto bene».
E il cinismo? Il thatcherismo? No, nessuna signora di ferro, dice ancora Berlusconi, «in questo negoziato c’era poco da essere cinici o cattivi: le offerte contrattuali della nuova compagnia sono arrivate dopo una trattativa serrata con i sindacati e il governo e, siccome ogni investimento deve produrre utili, certo non si può chiedere a degli imprenditori di dare vita a un’attività che produca sempre e soltanto delle perdite».
Adesso che la pagina è stata girata il presidente del Consiglio si può concedere una giornata di totale relax. Una mattinata di diete e trattamenti e alle 15, dopo essere uscito dal centro di Messeguè (dove era arrivato mercoledì per risolvere al alcuni problemi alla schiena), il Cavaliere fa un giro per le colline dell’Umbria e visita il paesino di Montecchio, rimanendo molto impressionato. «È un posto veramente stupendo - dice al sindaco David Lisei - mi complimento per come siete riusciti a conservare così bene un simile gioiello». Poi però, giunto davanti a un supermercato: «Eh no, questa insegna di plastica me la dovete proprio togliere...». La gita si conclude in un vigneto, da dove il premier esce con quindici casse di vino.
In serata il ritorno nel centro benessere.
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