Roma - Qualche giorno fa, al telefono con un amico, Berlusconi è stato piuttosto eloquente: «Sarà un periodo difficile, dovremmo trattare con i finiani su tutto». Parole che lasciavano intendere che almeno un ultimo tentativo per evitare di arrivare davvero alla guerra mondiale sarebbe stato fatto. Anche se, confidava nelle stesse ore il Cavaliere ad un altro interlocutore, «non pensino che sia ancora disposto ad accettare di essere cucinato a fuoco lento». Così, le diplomazie si sono rimesse al lavoro per cercare di capire quali siano i margini di manovra. Che in verità sembrano essere ancora stretti, nonostante in queste ore la confusione regni sovrana sia nel Pdl che nel Fli rendendo di difficile comprensione la reale strategia dei due contendenti. D’altra parte, arrivati a questo punto sia una tregua sia una rottura definitiva rischierebbero di portarsi dietro vittime illustri (i falchi nel primo caso, le colombe nel secondo) e così le versioni fornite da ministri, capigruppo e perfino seconde file sono le più disparate. Un esempio? Mentre da Palazzo Grazioli filtra chiaramente che si sta cercando di mettere mano al ddl sul processo breve La Russa fa sapere che il testo va votato così come approvato dal Senato. Cioè nella vecchia versione.
Insomma, quel che è certo è che la rottura tra Berlusconi e Fini è ormai insanabile. Che poi la ragion di Stato li possa costringere ad una breve tregua non è escluso. E la partita si gioca proprio sul processo breve, visto che se il ddl avesse il via libera il Cavaliere non dovrebbe preoccuparsi della prevedibile bocciatura del legittimo impedimento da parte della Consulta e dalla successiva sentenza (di condanna) per i processi Mills e Mediatrade. E i tempi sono stretti visto che il verdetto del tribunale è atteso per marzo. Anche per questo Berlusconi ha deciso di raccogliere i suggerimenti delle cosiddette colombe e dato il suo placet alla modifica del ddl, un segnale a Fini e pure ai finiani. In attesa di domenica, quando è in programma l’intervento dell’ex leader di An alla festa Tricolore di Mirabello. «Vediamo cosa dirà in quell’occasione», spiega ai suoi il premier. Consapevole che la partita è difficile ed andrà avanti ancora per settimane, con i due sfidanti a rimandare la palla nel campo avverso.
D’altra parte, potendo scegliere l’ultima cosa che Fini farebbe è votare il processo breve e tirare fuori dalle beghe giudiziarie il Cavaliere. Cosa che ieri gli avrebbe confermato il leghista Cota durante un vertice a Palazzo Grazioli insieme a Bossi e Calderoli. Ma l’ex leader di An deve anche fare i conti con la sua pattuglia di deputati e senatori, visto che in molti gli hanno fatto capire di non essere disposti ad affossare il provvedimento per mettere sulla graticola Berlusconi. Insomma, il rischio è che da un braccio di ferro parlamentare sul ddl Fini ne esca ridimensionato nei numeri, l’ultima cosa che può permettersi dopo un’estate sotto i riflettori. Così, forse non è un caso che dai piani alti della presidenza della Camera si faccia filtrare che il Fli voterà «tutti e cinque i punti programmatici», quello sulla giustizia compreso. Tanto, è la subordinata, sul processo breve «sono altri ad avere riserve». Altri, ovviamente, sta per Napolitano con cui Fini gioca di sponda ormai da due anni. E proprio ieri il capo dello Stato ci ha tenuto a dire che la trattativa sul processo breve non lo riguarda con tanto di ironico riferimento al ddl intercettazioni. Un riferimento che il premier ha colto. Tanto da confidare ai suoi di non essere disposto sul processo breve ad assistere allo stesso «balletto» delle intercettazioni (che i finiani votarono all’ufficio di presidenza del Pdl e poi rimisero in discussione con la sponda del Quirinale). Anche se - a conferma che la strategia è quella dell’attesa - dal Pdl non c’è stato il minimo accenno critico verso il Colle.
Si andrà avanti così fino a domenica quando, ha detto Bossi, «vedremo cosa dirà Fini». E quando non è affatto escluso che si chiuda quella che un ministro ha ironicamente ribattezzato «settimana dell’amicizia». Non è un caso che Berlusconi non abbia messo da parte la strategia da «guerra nucleare». Tanto che la lettera sulla giustizia di Frattini a tutti i ministri degli Esteri dell’Ue è già sul tavolo del premier aggiornata e rivista. Ampio spazio alle intercettazioni e al processo breve.
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