Berlusconi assolto: è la venticinquesima volta

Il gip di Milano archivia l’accusa di aggiotaggio ai danni di Repubblica. E ora si accelera sul ddl intercettazioni

Berlusconi assolto: è la venticinquesima volta

È la venticinquesima volta che le accuse finiscono in niente. Assoluzione, prescrizione, più spesso archiviazione, senza nemmeno passare per il filtro dell’udienza preliminare. L’ultima indagine a chiudersi con un nulla di fatto, sulle trentatrè aperte dal 1994, è quella nata dopo il discorso del 13 giugno 2009 a Santa Margherita Ligure. Allora il premier aveva invitato la platea degli imprenditori a non fare pubblicità sui giornali del gruppo Espresso. Il network editoriale che fa riferimento a Carlo De Benedetti non aveva gradito e aveva querelato il Cavaliere che si era trovato, tanto per cambiare, nel registro degli indagati per aggiotaggio. La procura di Milano aveva scavato e aveva chiesto l’archiviazione, oggi accolta dal gip. Per il giudice le parole del capo del governo vanno inserite nella cornice del «diritto di critico politico-economica di natura qualificata, in quanto espresse dal presidente del Consiglio». Capitolo chiuso.
È dal novembre ’94, dal famigerato a invito comparire recapitato al premier a Napoli nel corso di un convegno internazionale, che i procedimenti s’inseguono, si sovrappongono e si accumulano. Ormai per orientarsi in quel labirinto di contestazioni ci vuole una guida ragionata, come quella offerta da Maurizio Tortorella nel suo libro La gogna, appena pubblicato da Boroli editore. I numeri dei procedimenti hanno superato quota trenta, ma neppure Tortorella riesce a tenere il passo: la bulimia investigativa provoca quasi ogni giorno altre scosse. L’ultimo pasticcio, ancora in corso, è sull’asse Bari-Napoli-Roma. L’indagine barese sulle escort, partita fra squilli di tromba e premonizioni sinistre per il Cavaliere, si era conclusa senza ammaccature per il capo del governo. Fine del gioco? No, perché l’inchiesta è ripartita a Napoli e ora, dopo una girandola di colpi di scena, è di nuovo sulla strada per Bari, gonfia però di potenziali contestazioni: dal favoreggiamento all’aver indotto Gianpi Tarantini a dire il falso.
E così i conteggi devono essere aggiornati in tempo reale. L’assalto a Berlusconi è stato condotto in tutti i modi e con un ventaglio impressionante di reati: si va dall’abuso d’ufficio del cosiddetto caso Saint Just, aperto dalla procura di Roma, transitato davanti al tribunale dei ministri e chiuso con la solita archiviazione nel gennaio 2009, all’agghiacciante concorso in strage, ipotizzato non una ma due volte a Firenze e Caltanissetta e due volte archiviato fra il 1998 e il 2002. Palermo ha provato a aprirsi un varco utilizzando il concorso esterno in associazione mafiosa e il riciclaggio e anche quel doppio procedimento si arenato su un binario morto fra il ’97 e il ’98.
A Milano il Cavaliere è «ospite fisso» del tribunale dal ’94, ma anche qui sulla sua testa non è caduta una condanna. Anche se sono in pieno svolgimento i due dibattimenti più insidiosi: quello per la corruzione di David Mills e l’altro per il Rubygate. Prescrizioni, come quella famosa per il Lodo Mondadori, archiviazioni e assoluzioni: la più clamorosa resta la prima, quella per le tangenti pagate dalle imprese del Biscione alla Guardia di Finanza. Quel procedimento fu un colpo mortale per il primo governo Berlusconi che dopo pochi mesi gettò la spugna. Nel 2001, sette anni dopo quel terremoto e mentre i sismografi del Palazzo registravano altri sommovimenti, ecco l’assoluzione da parte della Cassazione «in ordine a tutti i capi d’imputazione per non aver commesso il fatto».
È stato archiviato nel 1998 il procedimento per falso in bilancio e frode fiscale relativo al progetto Botticelli. Sei anni più tardi, nel 2004, quello per i libretti al portatore. Ma su e giù per lo stivale, le procure hanno provato a pizzicare il leader del centrodestra su infiniti temi. Si va dal peculato per il voli di Stato, atterrato sulla solita archiviazione, ad un singolare abuso d’ufficio per l’intervista a reti unificate della scorsa primavera, con tanto di «occupazione» dei palinsesti e conseguente strascico giudiziario ancora in corso.
A Milano, nelle scorse settimane, il Cavaliere ha battuto suo malgrado un altro record, due volte surreale: è ormai a un passo dall’essere processato per la fuga di notizie che portò il Giornale a pubblicare stralci dei nastri riguardanti Fassino e Consorte. Di solito gli scoop sono orfani di padre, ma questa volta la procura ha miracolosamente ricostruito quel che accadde, passaggio per passaggio. I pm avevano chiesto l’archiviazione, ma il gip li ha obbligati ad andare avanti.
Insomma, si va avanti anche se venticinque procedimenti su venticinque si sono conclusi senza condanne.

Il Cavaliere continua ad essere il bersaglio di intercettazioni ritagliate qua e là. Risultato: per l’ennesima volta il governo prova a mettere mano al tema incandescente con un disegno di legge che riprende un precedente provvedimento varato nel 2007 da Clemente Mastella e poi arenatosi in Parlamento.

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