Berlusconi avverte Bruxelles: «Se salta Atene euro a rischio»

nostro inviato a Bruxelles

«Se salta la Grecia, è a rischio l’euro. Temo un effetto domino». In pubblico, almeno fino a tarda sera, Silvio Berlusconi decide di non parlare. Ma la preoccupazione del premier italiano è pari a quella di molti suoi colleghi europei - primi fra tutti Nicolas Sarkozy e Angela Merkel - riunitisi a Bruxelles per una due giorni dedicata soprattutto al caso Grecia. Ed è nel pranzo di lavoro del Ppe all’Accademie Royale de Belgique che precedere il Consiglio europeo che il Cavaliere si unisce agli altri leader del Partito popolare europeo per far sì che il piano di austerity del governo Papandreu sia approvato in maniera bipartisan.
A tavola, infatti, c’è anche Antonio Samaras, leader dell’opposizione greca che non sembra però convinto delle ragioni dei suoi colleghi del Ppe. Nonostante tutti, nessuno escluso, puntino il dito sulla gravità della situazione. Compreso Berlusconi che nel suo intervento a braccio non nasconde il rischio che la moneta unica possa non reggere un’eventuale bancarotta di Atene con tanto di «effetto domino» e il rischio concreto che salti l’euro. Insomma, è il senso del ragionamento del premier, è un problema di cui tutti devono farsi carico. Anche perché, riportano i grafici e le tabelle che Berlusconi espone ai presenti, sono a rischio molte banche europee: quelle tedesche e quelle francesi hanno l’esposizione maggiore, rispettivamente con 34 e 53 milioni di euro contro i soli 2,8 milioni delle banche italiane (non è un caso che Sarkozy e la Merkel decidano di incontrarsi a Bruxelles per fare il punto della situazione prima dell’inizio del Consiglio europeo).
Un discorso, quello del Cavaliere, che Pier Ferdinando Casini - che pure non era presente e al quale l’hanno riportato alcuni dei partecipanti - definisce allarmistico ma del tutto condivisibile. Bisogna fare di tutto - è la linea su cui concordano tutti i presenti al pranzo del Ppe - salvaguardare la stabilità della Grecia e dell’euro. Un appello che pare però non aver convinto Samaras, per nulla intenzionato a sottoscrivere il piano di Papandreu e deciso invece a insistere con la richiesta di elezioni anticipate. «Ma il governo socialista - spiega ai leader del Ppe non ha alcuna intenzione di mollare la presa».
A Bruxelles, però, non si parla solo della crisi dei debiti sovrani e dell’emergenza Grecia. Anche perché sulla nuova tranche di prestiti da 12 miliardi di euro dovrà infatti pronunciarsi l’Eurogruppo domenica 3 luglio. All’ordine del giorno di un vertice che va avanti fino a tarda sera c’è infatti anche la nomina di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea. La scelta dell’attuale governatore della Banca d’Italia è infatti condivisa da tutti i Paesi dell’Unione, anche dalla Francia che sta spingendo perché Lorenzo Bini Smaghi si dimetta dal board della Bce prima della scadenza del 2013 e lasci il posto ad un francese (con l’uscita del presidente Jean Claude Trichet, d’altra parte, Parigi rischierebbe di non essere rappresentata all’Eurotower). Un’uscita, quella di Bini Smaghi, sulla quale - questo raccontano i rumors - si sarebbe trovato un accordo «di massima» e che dovrebbe avvenire in maniera graduale visto che la nomina di Draghi diventerà operativa dal primo dicembre. Ci sono, insomma, ancora quattro mesi per trovare una via d’uscita ed evitare frizioni sull’asse Roma-Parigi. Non è un caso, infatti, che sia il governo italiano che lo stesso Berlusconi siano arrivati a chiedere pubblicamente a Bini Smaghi di farsi da parte.
Una partita che si incrocia ovviamente con quella della successione in Bankitalia, tanto che molti hanno notato la presenza a Bruxelles di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro e candidato (sostenuto da Giulio Tremonti) alla poltrona di Draghi.

Una presenza che da Palazzo Chigi derubricano come di «routine», visto che in appuntamenti focalizzati sulle questioni economiche come la due giorni di ieri e oggi è la regola che il Tesoro sia autorevolmente rappresentato.
Un modo per dire che, almeno per il momento, la presenza di Grilli al fianco di Berlusconi non equivale ad un’investitura.

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