Berlusconi da Ciampi per decidere la data del voto
19 Luglio 2005 - 00:00Il presidente pensa al 9 aprile per avere un governo operativo prima dellestate, in tempo per i grandi vertici europei e il G8
Massimiliano Scafi
da Roma
Votare il 9 aprile invece del 13 maggio? Mandare tutti a casa prima, a febbraio, per avere poi un nuovo governo in carica per metà giugno 2006 e in grado di preparare il Dpef? No, allo stato «non risulta», dicono al Quirinale: il presidente, almeno per ora, non sta preparando prematuri scioglimenti delle Camere, anche perché non sta a lui prendere una simile decisione. Però ci sta pensando e ne parlerà nei prossimi giorni, forse già oggi, con Silvio Berlusconi: nessun anticipo traumatico, solo una piccola sforbiciatina alla legislatura per evitare lingorgo istituzionale.
La proposta presidenziale conta numerosi precedenti: 1953, 1958, 1963, 1992, 2001. Lo scopo sarebbe quello di mettere in piedi lesecutivo prima dellestate, in tempo per i grandi vertici europei e del G8. Carlo Azeglio Ciampi può però interrompere la legislatura solo di fronte a una crisi di governo senza sbocchi. Oppure se, a poche settimane dalla scadenza naturale, cè un accordo esplicito di tutte le parti in causa: maggioranza, opposizione, presidenti delle Camere. E lintesa per ora non cè, «non risulta».
Cè invece un gran chiacchiericcio diplomatico-giornalistico in vista dei prossimi appuntamenti istituzionali. Il mandato di Ciampi finisce il 13 maggio, pochi giorni dopo la scadenza del Parlamento, ed è perciò naturale che si cerchi di armonizzare le date per evitare tempi morti e garantire una continuità di governo. E, in maniera informale, il capo dello Stato ne avrebbe parlato laltro giorno anche a Beppe Pisanu, che gli illustrava le misure antiterrorismo.
La prospettiva di un anticipo, sia pure breve, non sembra esaltare il centrodestra, fermo alle parole di Berlusconi il 26 aprile scorso: «Ho parlato con Ciampi, le elezioni si terranno intorno a metà maggio». Dice adesso Rocco Buttiglione: «Le legislature si abbreviano quando il Parlamento non è in grado di funzionare e il governo non è in grado di governare. Non è questo il caso visto che in questi giorni si stanno assumendo decisioni di grande rilievo. Se poi vi fossero ragioni tecniche per evitare lingorgo istituzionale, se vi fosse una proposta del capo dello Stato che non cè, allora ne potremmo parlare». Ma, conclude il ministro, «voler imporre alla maggioranza una confessione di impotenza sarebbe un attentato alla Costituzione». E Giuseppe Gargani, Forza Italia, ricorda che «spetta al Consiglio dei ministri decidere la data del voto». Quanto allingorgo, «il problema non esiste perché la Carta prevede la proroga per il presidente della Repubblica».
Favorevole invece il centrosinistra.
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