Berlusconi consacra le primarie E il Pdl ha già pronta la legge

RomaNessun timore. Né per l’appuntamento di domani a Pontida né per la verifica di maggioranza in programma mercoledì alla Camera con probabile voto di fiducia in serata. Chi lo incontra durante la giornata passata a Palazzo Grazioli - Micaela Biancofiore non si risparmia con i cronisti - racconta infatti di un premier tonico e ottimista, convinto che - nonostante gli auspici dell’opposizione e le inchieste della magistratura - il governo sia destinato a tenere. Di certo, c’è che l’umore di Silvio Berlusconi non deve essere poi così cattivo se il premier - che alla superstizione non crede pur tenendola comunque in buona considerazione - mette in programma di involarsi per Milano nella tarda notte di un venerdì 17. Anche se poi a tarda sera era ancora a Roma a lavorare.
Un Cavaliere deciso a tirare dritto e che ieri pomeriggio - in compagnia di Gianni Letta e Paolo Bonaiuti - ha iniziato a mettere mano al discorso che farà in Parlamento la prossima settimana. Sorprese, a differenza di quanto annunciato da Iva Zanicchi dai microfoni di Radio2, dovrebbero essercene poche. Salve un prevedibile affondo sulla necessità di affrontare finalmente il nodo della riforma fiscale. Come non dovrebbero esserci appelli all’opposizione per quelle riforme condivise che chiede Giorgio Napolitano perché, spiega uno dei più stretti collaboratori di Berlusconi, «quell’invito è già stato fatto un anno fa ed è caduto nel vuoto». Avanti tutta, dunque. Con la sentenza sul Lodo Mondadori (il rischio è di dover sborsare a breve 750 milioni di euro a Carlo De Benedetti) e la pubblicazione delle solite foto di Villa Certosa sul settimanale L’Espresso («hanno per l’ennesima volta violato la mia privacy», confida in privato) come unico vero cruccio. Per il resto, spiega Berlusconi ai suoi interlocutori della giornata, «non ci sarà alcun problema».
Resta sul tavolo, invece, il nodo Pdl. Proprio nel giorno in cui Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello presentano a Camera e Senato la proposta di legge del Pdl per l’istituzione delle primarie. Che, questo il succo, si adotteranno solo per i candidati a elezione diretta, cioè a governatori di Regione, presidenti di Provincia e candidati sindaci. Ma non per la scelta del premier. Per partecipare alle primarie, si legge nel testo, bisognerà essere iscritti al partito che le indice o comunque esserne sostenitori. «Il testo - spiegano Cicchitto e Quagliariello - prevede che le primarie, per i partiti o le coalizioni che intendano avvalersene, abbiano luogo entro il sessantesimo giorno antecedente alle elezioni. Possono votare e candidarsi gli iscritti al partito (o a uno dei partiti che compongono la coalizione) e i cittadini sostenitori che siano residenti nel territorio interessato dall’elezione e che abbiano provveduto ad aderire a un apposito registro dei sostenitori almeno sessanta giorni prima dello svolgimento delle primarie. Tale prescrizione temporale, in combinato disposto con la norma che prevede la presentazione delle candidature tra il quarantesimo e il trentesimo giorno precedente alla consultazione, è finalizzata a scongiurare il rischio di risultati falsati o inquinati. Un organismo pubblico, nella fattispecie la cancelleria del tribunale territorialmente competente, verifica la regolarità degli elenchi degli aventi diritto».
Il punto, però, è che proprio nel centrodestra sulle primarie s’è già aperto lo scontro prima ancora che si sia deciso di adottarle. E lo scontro all’arma bianca è tra Roberto Maroni e tutti i maggiorenti del Pdl, convinti che il ministro dell’Interno stia già giocando la partita per la premiership del 2013. Per questo Maroni avrebbe «stoppato» Giulio Tremonti, papabile alla candidatura per Palazzo Chigi anche perché visto come uomo di collegamento tra Pdl e Lega. Se il successore di Berlusconi deve essere un leghista - è il senso dei molti colloqui degli ultimi giorni tra il titolare del Viminale e Bossi - allora che lo sia davvero. E l’unico leghista in grado di correre per Palazzo Chigi, si sa, è proprio Maroni. Di qui l’agitazione di tutti i dirigenti di via dell’Umiltà, convinti che il Carroccio abbia iniziato la guerra alla successione. Nessuna preoccupazione, invece, sui rumors che raccontano di un Bossi che domani a Pontida deporrà le armi e passerà le consegne a Maroni (per il governo) e Roberto Calderoli (per il partito). Tanto che uno che non ha mai trascurato il territorio come Paolo Grimoldi non esita a definirlo «un incredibile abbaglio».
Di certo c’è che, Maroni a parte, il Pdl è in subbuglio. Giovedì sera si sono riuniti gli scajoliani nella sede della Fondazione Cristoforo Colombo a largo Chigi e molte sono state le voci critiche sul Cavaliere, mentre oggi tocca ai Club delle Libertà di Mario Valducci (ci saranno anche Franco Frattini e Mara Carfagna di Liberamente in compagnia di Cicchitto) all’Hotel Parco dei Principi. Si discuterà di partito e di primarie, con punti di vista differenti.

E con i cosiddetti «quarantenni» (da Raffaele Fitto a Maurizio Lupi, passando per Isabella Bertolini, Guido Crosetto, Gregorio Fontana, Giuseppe Cossiga e tanti altri) convinti che l’unica soluzione sia quella di fare quadrato dietro ad Angelino Alfano. L’unico, dicono tutti, in grado di rilanciare il Pdl e aprire ai moderati, in primis l’Udc di Pier Ferdinando Casini.

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