Roma Via i bersagli fissi, dentro quelli mobili. Almeno centrare il colpo sarà decisamente più difficile. A poche ore dallo sbarco di Mirabello - con Fini che oggi chiamerà a raccolta le truppe - il Cavaliere decide per la sterzata. E toglie all’ex leader di An uno dei principali argomenti polemici: quel processo breve su cui da tempo i finiani stanno giocando la loro battaglia per logorare Berlusconi e che pure il Colle - nell’ormai ridondante sintonia con la presidenza della Camera - ha lasciato intendere di non gradire affatto. Nella mozione sui cinque punti programmatici che sarà votata in Parlamento, spiega infatti il premier in un audiomessaggio ai Promotori della libertà della Brambilla, «per quanto mi riguarda non dovrebbe esserci il cosiddetto processo breve». Un modo per «togliere alibi» ai falchi del Fli, come spiegano il vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello e il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli. Ma non solo, visto che negli ultimi giorni il Cavaliere ha più volte ripetuto in privato di averne «le scatole piene» delle «solite e pretestuose polemiche» sulla giustizia. «C’è qualcuno - dice Berlusconi nelle sue conversazioni riservate riferendosi non solo all’opposizione ma anche a Fini - che vorrebbe incastrarmi sul processo breve come hanno già provato a fare sulle intercettazioni. Sappia che non ci riuscirà». Da qui la decisione di mettere nel cassetto - almeno per il momento - il ddl già approvato a Palazzo Madama. Nel documento su cui si consumerà la verifica, però, dovrebbe esserci un riferimento alla necessità di una sorta di scudo per le alte cariche, perché è chiaro che il problema dei processi resta e in un modo o nell’altro va risolto. Con una norma costituzionale, visto che i tempi della sentenza Mills sono più lunghi di quanto inizialmente previsto (nel caso la Consulta bocci il legittimo impedimento il verdetto non dovrebbe arrivare prima di novembre 2011). Sullo scudo, inoltre, i finiani hanno più volte detto di non essere contrari così come i centristi dell’Udc. E se dei primi il Cavaliere si fida poco o niente, decisamente diverso è il discorso con Casini. Eppoi - nel caso arrivino i soliti intoppi - si fa sempre in tempo a ritirare fuori il ddl sul processo breve, visto che il fatto che non entri nella verifica non significa che debba essere archiviato. Tanto più che il Pdl - finiani compresi - lo ha già votato in blocco al Senato. Non è un caso che il premier ribadisca la bontà del provvedimento, «giusto» e «assolutamente doveroso». Visto che, spiega il sottosegretario Bonaiuti, «in tutta Europa i procedimenti durano meno che in Italia».
Alla vigilia dell’atteso discorso di Fini, dunque, Berlusconi decide di sparigliare. Perché, ragiona in privato il Cavaliere, «appena tocco una norma in materia di giustizia» si levano i «soliti detrattori» e i «soliti magistrati politicizzati» con «ignobili e indecorose polemiche». E il giro di tavolo è sempre lo stesso: Colle, presidenza della Camera e procure. Non è un mistero che da mesi il premier si sia convinto che ormai Fini gioca di sponda con la magistratura, al punto - ha ripetuto più volte ai suoi - da farsi «dettare» dal presidente dell’Anm Luca Palamara le modifiche al ddl intercettazioni. Ecco, confidava ieri, «se pensano che ci ricaschi sul processo breve si sbaglia...». Per non parlare poi del Quirinale. «Non capisco perché le intromissioni più forti siano sempre sulla giustizia», si rammaricava venerdì il Cavaliere con un parlamentare.
Ecco perché ieri - dopo una lunga telefonata con Bonaiuti e prima di involarsi in elicottero a Villa Campari per un pomeriggio di relax sul Lago Maggiore - il premier ha deciso di registrare il messaggio per i Promotori della libertà. Per sfilarsi dalle polemiche e lanciare un segnale distensivo verso i finiani, visto che Berlusconi non ha dubbi sul fatto che l’ex leader di An entro un mese darà vita ad un nuovo partito. Segnale eloquente: se chi ha aderito al Fli dovesse «decidere di restare nel gruppo del Pdl» potrà «contare sulla nostra amicizia e lealtà, anche nel momento della formazione delle liste elettorali». Tradotto: tornate e sarete ricandidati con la stessa posizione in lista che avevate nel 2008. Eventualità non di scuola visto che il premier resta convinto che difficilmente la maggioranza potrà tenere a lungo. «Purtroppo dobbiamo tenerci pronti per le elezioni a marzo», ha confidato a più di un ministro.
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