Berlusconi e la fronda interna: se si perde colpa anche di Fini

Il Cavaliere stanco dei continui distinguo del presidente della Camera e dei suoi fedelissimi. Bocchino: "Fini sarà il successore di Silvio". Farefuturo addio

Berlusconi e la fronda interna: 
se si perde colpa anche di Fini

Roma - A poco serve la lezione francese se a due settimane dal voto il Pdl continua a perdersi nelle dispute interne. Eppure, sono giorni che in privato Berlusconi punta il dito contro il rischio-astensione che minaccia soprattutto l’elettorato di centrodestra, costretto negli ultimi mesi ad assistere non solo ai continui tira e molla tra il Cavaliere e Fini ma anche alla querelle sulle liste elettorali. Tanto che domenica scorsa, durante il pranzo per i 90 anni di don Verzè, lontano da microfoni e taccuini, il premier non ha esitato ad elencare «le sette ragioni» che potrebbero portare una parte degli elettori del Pdl a disertare le urne. Tra questi, è stata la riflessione di Berlusconi, anche «i continui distinguo di Fini» che non perde occasione per marcare la differenza anche in un momento tanto delicato. «Noi tutti stiamo facendo campagna elettorale per il Pdl - è il ragionamento del premier ai commensali - e lui va dire che il Pdl non gli piace... ». Al punto, fa notare un ministro, che l’ex leader di An ha fatto sapere che non sarebbe stato in piazza San Giovanni proprio mentre il Cavaliere stava facendo una conferenza stampa a sostegno della finiana Polverini. Circostanza che non deve aver fatto certo la gioia di Berlusconi, che a differenza dell’alleato sulla campagna elettorale ci sta mettendo la faccia. Mentre Fini, almeno a oggi, non ha in programma nemmeno un convegno con un candidato governatore del Pdl.

In un quadro del genere e con le elezioni alle porte, nel Pdl invece di cercare di sopire gli attriti si preferisce alzare il termometro delle tensioni. Con il vicecapogruppo alla Camera Bocchino che rilancia il movimento Generazione Italia e Fini come «leader del futuro». E il capogruppo Cicchitto che gli risponde che «una volta fatte le elezioni è indispensabile che si apra un chiarimento nel partito». Insomma, a dispetto della lezione francese che nel turno amministrativo ha visto l’Ump di Sarkozy penalizzato proprio dall’astensione, nel Pdl di abbassare i toni non se ne parla. Al punto che il braccio destro di Fini non perde occasione di lanciare la leadership del presidente della Camera per il dopo Berlusconi. Che poi si preoccupi di dire che il Cavaliere «non ha un incarico in scadenza» e che se quindi «andrà avanti è il leader del partito» è qualcosa che sta a metà strada tra l’ipocrisia e il malaugurio. Anche perché, fa notare il ministro di cui sopra, che i finiani continuino a derubricare le uscite di Farefuturo o dello stesso Fini come casuali, non volute o provocate dalle domande maliziose dei giornalisti - nel caso di Generazione Italia la colpa è ovviamente del direttore del Giornale Vittorio Feltri che ne ha dato notizia - è «un’offesa alla loro intelligenza e soprattutto alla nostra». Non a caso, l’umore di Berlusconi - ieri tutto il giorno ad Arcore - peggiora mentre gli passano le agenzie di stampa che riportano le argomentazioni di Bocchino. Che prima spiega che Generazione Italia nasce per riportare la democrazia nel Pdl (lasciando intendere che ad oggi non c’è) e poi lo definisce un «aggregatore per discutere come costruire il Pdl e fare le scelte del futuro» (e quindi la sua leadership futura). Se a questo si aggiunge che la nuova corrente è animata da parlamentari che ormai da due anni sono sempre pronti a criticare il Cavaliere, l’azione di governo e la gestione del Pdl, ci sta che Berlusconi non veda affatto di buon occhio l’iniziativa. Così - è il senso del suo ragionamento - rischiano di sfasciare il partito. Al punto che non avrebbe detto né sì né no quando ieri al telefono gli è stato prospettato di non ricandidare chi si iscriverà a Generazione Italia.

L’ultimo atto del braccio di ferro, dunque, è la polemica di ieri tra Bocchino e Cicchitto. Che non è certo la prima, visto che ormai da tempo capogruppo e vicecapogruppo hanno posizioni distanti su quasi tutto (perfino sulle richieste dei voti di fiducia alla Camera). Con Generazione Italia che, dicono i finiani, non è altro che la risposta ai Promotori della libertà lanciati da Berlusconi qualche settimana fa. Spiegazione che suscita qualche perplessità. Un po’ perché che Fini decida di giocare sullo stesso terreno del Cavaliere - che da sempre segue l’idea del partito leggero - non sembra una scelta propriamente vincente, un po’ perché così facendo è lui stesso a mettersi in qualche modo ai margini del partito. Tanto che nel Pdl sono in molti a commentare l’iniziativa di Generazione Italia con una battuta eloquente: «Se Fini se ne vuole andare, si accomodi pure...».

E che le scosse di assestamento interne al Pdl stiano aumentando lo dimostra anche l’intervista a Repubblica di Raffaele Lombardo.

Il governatore della Sicilia, infatti, parla di «crepuscolo del berlusconismo» e lancia il Partito del Sud: «Gli daremo vita dopo le regionali, sarà l’alter ego del Carroccio». Da chi arriva il primo appoggio? Dai finiani, che per bocca di Fabio Granata fanno sapere di «non essere d’accordo sul Partito del Sud» ma di dare «pieno sostegno al governo di Lombardo».

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