Berlusconi e la sfida in Aula: «Sui voti nessun calciomercato»

RomaLa parola «compravendita» lo infastidisce davvero. Persino più del dolore al polso sinistro che lo perseguita ormai da settimane nonostante il cortisone e l’intervento di un osteopata asiatico che da qualche giorno lo segue come un’ombra dovunque vada. Tanto che Silvio Berlusconi, ben sapendo che gli sfoghi in Consiglio dei ministri finiscono sulle agenzie di stampa praticamente in tempo reale, ci tiene a dire che non è in corso alcun mercato. Non a caso è proprio lui a introdurre l’argomento davanti a tutto il governo riunito a Palazzo Chigi per il via libera al primo decreto su Roma Capitale. Non è in corso, spiega, «alcuna compravendita di parlamentari» visto che «i voti in più che avrò in Parlamento verranno quasi tutti da chi è stato eletto nel centrodestra solo due anni fa».
Insomma, ragiona il Cavaliere, la cosa incredibile è che chi passa dal Pdl al Fli viene definito un eroe mentre chi torna con il centrodestra dopo essere stato eletto grazie ai voti del Pdl solo nel 2008 è considerato un venduto. E via a elencare: cinque deputati di Io Sud, cinque dell’Mpa, cinque dell’Udc, tre dei Liberaldemocratici, il segretario del Pri Nucara e il repubblicano Pionati. Venti giusti, senza considerare altri probabili innesti come quello dell’ex democratico Calearo. Abbastanza per dar vita a quel gruppo parlamentare autonomo di cui molto si è parlato in questi giorni. Che, com’era prevedibile, non è fattibile a causa di evidenti incompatibilità. Da quelle strettamente politiche (conciliare l’autonomismo dell’Mpa con un gruppo di respiro nazionale) a quelle di poltrone (chi comanda chi e, quindi, a chi dare la poltrona di presidente e vicepresidente).
Lasciando invece da parte l’obiettivo del «gruppo di responsabilità nazionale» non è escluso che sul governo possano convergere - oltre ai venti elencati - anche i due esponenti delle minoranze linguistiche e tre o quattro deputati dell’Api di Rutelli. Una maggioranza, dunque, più ampia di quella che diede la fiducia al governo nel 2008. Anche se molto dipenderà dal discorso che il Cavaliere farà alle Camera a fine settembre. Non il 28 ma il 29, visto che l’intervento del premier a Montecitorio sarebbe slittato di un giorno.
Di «calciomercato», dunque, il premier non vuole sentir parlare, visto che a parte i cinque dell’Udc tutti gli altri voti che sono al momento segnati sul pallottoliere di Palazzo Grazioli sono di parlamentari eletti nel centrodestra. Anche se il discorso alle Camere dovrebbe essere di «ampio respiro» e richiamare all’interesse nazionale proprio per far presa sui centristi di Casini. Con il leader dell’Udc, infatti, i contatti in questi mesi sono stati ripetuti ma inconcludenti e affondando sulla pattuglia dei siciliani (i cinque «dissidenti») Berlusconi ha in qualche modo premuto sull’acceleratore e messo all’angolo Casini. Un’operazione di logoramento dal basso che, dicono i ben informati, sarebbe accompagnata da un fronte di attacco dall’alto tutto romano e ben più efficace.
Tra Berlusconi e Fini, intanto, continua la trattativa sul Lodo Alfano costituzionale.

Ma riprendono anche le frizioni, visto che i finiani sono sempre più intenzionati a presentare in commissione di Vigilanza Rai una mozione di sfiducia al direttore del Tg1 Minzolini. Il testo è già scritto e sarebbe già stato vistato dal presidente della Camera. Un’iniziativa che il Cavaliere non avrebbe affatto gradito.

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