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Berlusconi manda Letta da Fini: non tratto più

Faccia a faccia tra il presidente della Camera e il sottosegretario, che ha riportato il messaggio di Berlusconi: la rottura è insanabile Il Cavaliere ai suoi: "Non finirò logorato come Prodi". E a ogni dirigente Pdl affida l’incarico di convincere un finiano moderato

Berlusconi manda Letta da Fini: non tratto più

Porto Rotondo - Zero. Tante sono al momento le possibilità di una riappacificazione tra Berlusconi e Fini. Un po’ perché tra i due la rottura umana e politica è ormai insanabile, un po’ perché il Cavaliere non ha alcuna intenzione - ha spiegato nelle conversazioni private di questi giorni - di «fare la fine di Prodi» lasciandosi cuocere a fuoco lento dal presidente della Camera. Ed è con questo spirito che il premier avrebbe affidato a Gianni Letta un mandato chiaro in vista del faccia a faccia che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio avrebbe avuto di lì a poche ore con l’ex leader di An: nessun margine, ormai siamo al cupio dissolvi. Un concetto che ieri mattina, pur facendosi forte di tutta le sue capacità di mediazione, Letta ha riportato a Fini durante un colloquio a quattr’occhi durato circa una ventina di minuti. Un incontro che si è svolto in una saletta riservata del Gemelli dopo che i due - insieme a Napolitano e Schifani - avevano reso omaggio alla salma di Cossiga.

D’altra parte, sul punto Berlusconi è chiaro da giorni con qualunque interlocutore. Se in pubblico preferisce non proferire parola, in privato non lascia margini: Fini si deve dimettere, non tanto per la questione di Montecarlo che resta comunque un’enormità, quanto perché ha «tradito» il mandato degli elettori e ora lavora solo a indebolire il governo. Dopo una settimana di quasi relax in Sardegna e un vero e proprio colpo di fulmine per il nipotino Alessandro (il primogenito di Barbara) - «mi ha conquistato», racconta a tutti - il Cavaliere non cambia dunque idea. Ed è questo lo stato d’animo che Letta riporta a Fini quando i due si incontrano al Gemelli di mattina. Tanto che pure chi nel corso della giornata ha occasione di sentire il presidente della Camera si guarda bene dall’accreditare aperture o spiragli. «Incontro interlocutorio, resta tutto fermo», è il resoconto del faccia a faccia che danno i finiani. E con Letta l’ex leader di An sarebbe stato molto duro: «Chi spara sulle istituzioni danneggia il Paese». Insomma, il fatto che Berlusconi arrivi alla camera ardente a metà pomeriggio - ben sicuro di non incrociare l’ex leader di An - non deve certo essere un caso. Il premier si trattiene in raccoglimento davanti alla bara per un quarto d’ora e poi si ferma a parlare con i figli di Cossiga, Anna Maria e Giuseppe. Una toccata e fuga, quella romana, che dura poche ore visto che a sera il premier è già di ritorno in Sardegna. Dove anche oggi si dedicherà a studiare la «battaglia dei numeri» che si prepara per settembre, certamente dopo il 9 e 10 quando è atteso a Mosca da Putin e Medvedev.

Già, perché il punto è capire quanti sono i finiani disposti a tornare nel Pdl, le cosiddette colombe che non si riconoscono nelle uscite di Granata o Bocchino. Il Fli, infatti, lascia intendere che è pronto a votare la fiducia - sempre che si tratti di voto di fiducia - su qualsiasi cosa, proprio per non dare «pretesti» al Cavaliere. Che da una parte è tentato dal forzare la mano, presentando un programma dettagliato di riforme e, nel caso, anche con i tempi di approvazione. E dall’altra sa bene che un eventuale voto di fiducia dei finiani - peraltro per bocca di un falco come il capogruppo Bocchino - rischierebbe nei fatti di dare il là a un Berlusconi bis, visto che la composizione della maggioranza sarebbe a quel punto cambiata. Tutte questioni che si discuteranno nelle riunioni in programma a Palazzo Grazioli domani e sabato. Con una certezza. Sarebbe gravissimo - spiega ai suoi il Cavaliere - se i finiani venissero meno ai punti del programma per il quale sono stati votati, un vero e proprio tradimento. Per questo, forse, il premier si dice sicuro che alla fine una soluzione si troverà. Altrimenti, ragiona Berlusconi in privato, maggioranze diverse da quelle attuali non sono possibili e l’unica alternativa resta il voto. Che il premier è però deciso a scongiurare tanto dall’aver dato mandato ai suoi di «aprire un dialogo con i finiani moderati». E non solo. Ogni dirigente del Pdl, è l’indicazione del Cavaliere, deve farsi carico di convincere una colomba a restare ancorata al Pdl. Un vera e propria mission per le prossime settimane, nel tentativo di isolare i falchi e ridimensionare i numeri dei gruppi del Fli (33 deputati e dieci senatori).

Un’operazione su cui si sta impegnando lo stesso Berlusconi che, difficile sia una coincidenza, ieri sera ha cenato a Villa Certosa con Pisanu, senatore «pesante» del Pdl ma che da tempo è dato in rotta di avvicinamento a Fini.

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