Roma - La buona volontà c’è tutta. Tanto che - dopo aver contato diligentemente fino a cento - Berlusconi riesce ancora una volta a mordersi la lingua. Napolitano? No comment. Con buona pace di tutti, visto che se davvero il Cavaliere decidesse di dire quel che pensa la direzione nazionale del Pdl in cui lui e Fini si mandarono cordialmente a quel paese diventerebbe un siparietto da educande. D’altra parte, le esternazioni del capo dello Stato sono diventate ormai quotidiane. Con tanto di frecciate tra l’ironico e l’irridente nei confronti del premier e, quando va bene, con ripetuti suggerimenti sui temi che il governo dovrebbe mettere in agenda. E anche ieri il Quirinale ha suonato puntuale come il Big Ben. Senza contare che se non ci fosse stato l’affondo di giovedì sulla vacanza al ministero dello Sviluppo economico, forse da Cernobbio non si sarebbero levate le lamentale del mondo dell’economia e della finanza con in prima fila l’ad di Intesa San Paolo Corrado Passera.
Facile, dunque, immaginare i coloriti commenti rimbalzati tra le quattro mura di Arcore. Anche se la linea resta quella degli ultimi giorni: silenzio. Così, tutto il Pdl segue ancora una volta la strada del basso profilo. Con l’eccezione di Giorgio Stracquadanio che non ci gira troppo intorno. Napolitano, è il senso delle parole del deputato del Pdl, ha poco da lamentarsi visto che ha già rifiutato una «proposta informale di nomina». Quella dell’attuale viceministro Paolo Romani. Apriti cielo, solito valzer di dichiarazioni indignate e successiva nota ufficiale di Berlusconi. «La settimana prossima - spiega - sottoporrò al capo dello Stato il nome di un nuovo ministro dello Sviluppo».
C’è chi lo interpreta come un gesto distensivo nei confronti del Colle. In verità - pur avendo contato fino a cento - il premier non resiste alla tentazione di lanciare i primi segnali di insofferenza. Già, perché quando dice di vedere che «da più parti si chiede la nomina di un nuovo ministro sostenendo che sino ad ora ci sarebbe stato un vuoto in questa funzione» è davvero difficile che non ce l’abbia con Napolitano. A cui replica piuttosto con un certo puntiglio: «Mi permetto di garantire che il mio interim non è stato un “vuoto” ma “pieno”, un vero e proprio pieno di decisioni e di provvedimenti e che il dicastero dello Sviluppo è stato ed è nelle mani di una delle istituzioni più autorevoli del Paese, quella del presidente del Consiglio». E via a seguire l’elenco di molte delle «decisioni» e dei «300 provvedimenti che hanno recato la mia firma». Due pagine di comunicato in politichese stretto, roba che al Cavaliere fa venire da sempre l’orticaria. Ma, spiega un ministro molto vicino al premier, «l’alternativa era quella di dare fuoco alle polveri e andare allo scontro frontale».
Un’ipotesi sul piatto, perché nelle sue conversazioni private Berlusconi non nasconde un profondo fastidio per il gioco di sponda tra Napolitano e Fini, soprattutto in un momento così delicato come i giorni che precedono Mirabello prima e la verifica di maggioranza poi. Anche se nell’ultimo mese il Cavaliere ha sempre sostenuto la necessità di non aprire un altro fronte con il Colle, perché è quello che vorrebbe l’ex leader di An e perché il Pdl si troverebbe a dover gestire due linee di fuoco. Per questo fino ad oggi il Cavaliere ha taciuto. Nonostante il sarcasmo sul processo breve e sulla mancata nomina del successore di Scajola, a dispetto della difesa di Fini e dell’altolà su eventuali elezioni anticipate. Insomma, dubbi sul fatto che Napolitano sia «contro di noi» Berlusconi non ne ha. E il fatto che giovedì sera il capo dello Stato abbia congedato con estrema freddezza Alfano che era andato ad illustragli eventuali ritocchi al ddl sul processo breve non l’ha sorpreso più di tanto.
Il punto è capire quanto reggerà la tregua, soprattutto se il Colle continuerà ad affondare quotidianamente. Per il momento, il premier si limita a smentire il fatto che il Quirinale abbia mai «respinto alcuna candidatura». «Anche perché - spiega - non ho mai proposto finora candidati».
Ma, forse, più che una presa di distanza dalla dichiarazione di un semplice deputato (Stracquadanio) quello del Cavaliere è un modo per dire che non si fa imporre i ministri dal Colle. E anche per questo riprende quota la candidatura di Romani sul quale Napolitano aveva effettivamente sollevato qualche riserva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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