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Berlusconi: dal Quirinale un’invasione di campo

Il premier pensa a una risposta scritta, poi sceglie il silenzio. Ma ai suoi confida tutta l’amarezza per le esternazioni di Napolitano e la scelta "irrituale" di schierarsi con Fini e i sostenitori del governo tecnico

Berlusconi: dal Quirinale un’invasione di campo

Roma - «S'è messo avanti con il lavoro e ha già fatto le consultazioni...». La notizia dell'intervista di Napolitano all'Unità gli arriva giovedì a tarda sera ed è piuttosto scontato che il Cavaliere non la prenda affatto bene. Poi - complice una bella dormita e forse anche la settimana di vacanza che lo aspetta in Sardegna dove arriverà questa mattina - Berlusconi inizia a sbollire il fastidio per quella che nelle sue conversazioni private non può che definire «un'invasione di campo». Fino a ora di pranzo, però, il premier non nasconde tutta la sua perplessità e solo l'intervento di Ghedini (ad Arcore con lui) e di Bonaiuti (al telefono dalla Sardegna) lo convincono a evitare di prendere carta e penna e buttare giù una nota ufficiale di risposta al capo dello Stato. Una sterzata netta, per non andare a impattare con il Quirinale in un momento tanto delicato, al punto che il Cavaliere decide pure di cancellare alcune interviste che aveva già in programma. Silenzio assoluto.

In privato, però, a mordersi la lingua Berlusconi non ci pensa proprio. Perché, spiega ai suoi interlocutori, con Napolitano si erano sentiti solo qualche giorno fa. E in quell'occasione il premier aveva rassicurato il capo dello Stato dicendogli che la via maestra era quella di continuare a governare fino a fine legislatura e che quella delle elezioni anticipate era anche per lui l'ultima delle alternative sul tavolo. Insomma, ragiona il Cavaliere con i suoi, dopo un simile colloquio che motivo c'era per arrivare a una presa di posizione tanto netta?

Per giunta - e sul punto il premier insiste molto - scegliendo di dire cose tanto forti a «un giornale di partito», anzi «al giornale del suo ex partito». Circostanza sottolineata con forza da molti parlamentari del Pdl, primo fra tutti Cicchitto.

Il punto, però, è soprattutto la scelta di scendere in campo in difesa di Fini e in soccorso del Pd che da settimane insiste sull'ipotesi del governo di transizione. Sono dispiaciuto, spiega Berlusconi nelle sue conversazioni private, perché ha deciso di schierarsi, perché ha usato due pesi e due misure. E il riferimento è alla scorsa estate, quando né Fini né Napolitano dissero una sola parola sulla campagna di Repubblica. Non è un caso che ieri mattina il Cavaliere abbia molto apprezzato l'uscita di Napoli. «Le parole del capo dello Stato - spiegava il vicecapogruppo del Pdl alla Camera - avrebbero oggi un altro effetto se fossero state pronunciate anche per Berlusconi un anno fa». Non darebbero l'impressione, è il sottinteso, di una «irrituale scelta di campo» (così l'ha definita Berlusconi parlando al telefono con un amico). Sul merito della quale il premier continua ad avere le idee piuttosto chiare: si dovesse arrivare alla crisi, l'ipotesi del governo di transizione non esiste, l'unica alternativa è tornare al voto.

Tutte riflessioni private, dunque. Perché la linea ufficiale è quella di non alimentare incendi, tanto che nel pomeriggio anche i commenti dei soliti parlamentari «dichiaranti» sono decisamente più caute. Privati restano anche i commenti su Fini che, si lascia scappare scherzando durante una telefonata, non si dimetterà mai da presidente della Camera perché deve «mantenere due famiglie». Invece dovrebbe farlo perché, insiste, ha tradito il patto con gli elettori arrivando al punto da farsi scrivere gli emendamenti al ddl intercettazioni da Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati.

Un puzzle difficile da ricomporre, dunque. Sia sul fronte della maggioranza, con Berlusconi e Fini sempre più lontani, sia sul versante istituzionale, con Napolitano e Schifani che ieri hanno dato due letture del quadro politico agli antipodi. Anche per questo, forse, il Cavaliere ha deciso di concedersi una settimana di relax in Sardegna con i figli Barbara e Luigi.

A Villa Certosa dovrebbe infatti restare fino al 21 agosto, quando volerà a Roma per un ufficio di presidenza del Pdl che si annuncia piuttosto caldo.

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