Berlusconi: stiamo pronti, il governo non dura

Massimiliano Scafi

da Roma

Niente spallate, «tanto Prodi cadrà da solo». E niente piazza. «Se andassimo in strada a manifestare - dice Silvio Berlusconi ai suoi parlamentari - rischieremo di compattare una maggioranza che invece è divisa su tutto. Sono cotti. Quanto che è successo al Senato con il disegno di legge sulla giustizia è la prova che non dureranno a lungo. E noi, ragazzi, dobbiamo tenerci pronti». Quello che conta, sostiene, è tenere insieme la Cdl e far esplodere le contraddizioni del centrosinistra. Via libera dunque, come vuole Casini, alla battaglia parlamentare. Ma l’Udc non può tirare troppo la corda: «Farò di tutto per convincere Pier Ferdinando ad appoggiare il presidente uscente Iorio. Se invece vorranno proprio correre da soli, saremo costretti a ricordare agli elettori che ogni voto dato all’Udc è un voto alla sinistra».
Nel ristorante di un albergo romano, il Cavaliere mette a punto con i deputati e i senatori di Forza Italia le prossime mosse. Prodi, Berlusconi ne è convinto, non reggerà tutta la legislatura. «Si fanno male da soli, stanno per implodere. Ci conviene farli cuocere nel loro brodo». Scendere in piazza contro la Finanziaria sarà quindi «l’extrema ratio» perché sfilare «non è nel dna dei moderati» e perché «si rischia di dividere l’opposizione e di compattare la maggioranza». E inoltre c’è il pericolo concreto di «una partecipazione non alta della nostra gente che trasformerebbe la protesta in un boomerang». Nessun corteo oceanico allora, ma semmai tanti appuntamenti mirati, «a tema», dedicati agli specifici argomenti caldi della manovra e che possano fare presa: tasse, tfr, difesa delle categorie.
Da qui la strategia del basso profilo e delle poche esternazioni, accompagnata da quello che alcuni deputati di Forza Italia definiscono «il nuovo pragmatismo di Silvio» che si traduce in un passo verso Casini: se sarà possibile modificare la Finanziaria con degli emendamenti, è giusto farlo. Male che vada, l’apertura al dialogo con i moderati dell’Unione aumenterà comunque le spaccature nella maggioranza. Che per il Cavaliere sono profonde e non rimarginabili. «Prodi è ormai ostaggio dell’ala più radicale - dice ai suoi -, Ds e Margherita sono costretti a cedere ai ricatti della sinistra più ideologizzata». La Cdl deve solo aspettare il momento propizio, «visto che nei sondaggi siamo oltre il 50 per cento e sei punti sopra di loro: bisogna essere pronti ad ogni evenienza».
Un Berlusconi ottimista ma con una spina nel fianco, i rapporti con i centristi. C’è il caso-Molise, con l’Udc che non vuole sostenere Iorio. «Se non cambia il candidato, andremo da soli - avverte Lorenzo Cesa -. Le nostre liste sono già pronte». C’è il diverso modo di interpretare il ruolo di opposizione. Secondo Bruno Tabacci, che aderisce al «tavolo dei volenterosi» aperto dal radicale Daniele Capezzone, «è doveroso trovare punti d’incontro per migliorare la manovra». C’è il lungo gelo tra Berlusconi e PFC, che forse potrà essere sciolto domani quando i due s’incontreranno. «Porterò al presidente tutti gli emendamenti alla Finanziaria che l’Udc intende presentare - racconta Casini -. Mi auguro sinceramente che si realizzi un’intesa». E in serata Berlusconi spiega: «Coordineremo il lavoro dei gruppi per presentare solo alcuni emendamenti emendamenti su cui siamo tutti d’accordo».
E c’è sullo sfondo la solita battaglia per la leadership del centrodestra. Dice Michele Vietti, portavoce dei centristi: «La Cdl non c’è più, c’è l’opposizione. Le elezioni le abbiamo perse e squadra che perde si cambia. Noi vogliamo cambiare formula di gioco senza cambiare campo, infatti restiamo alternativi alla sinistra».

Quanto al feeling tra Casini e Rutelli, «loro capeggiano le componenti più moderate dei due schieramenti per ricreare un bipolarismo mite non si può escludere un accordo per gestire la transizione, anche se al momento non è praticabile». Gianfranco Fini si chiama fuori dalla corsa: «Io successore di Berlusconi nel 2011? E dove lo hanno deciso, durante la cena di Arcore?».

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