Berlusconi va al contrattacco e tenta la riconquista dei finiani

RomaMartedì sera è stato il turno di Bianconi, Laffranco e Corsaro, mercoledì di Augello e Moffa. Tutti parlamentari ex An, i primi rimasti fedeli ai colonnelli, i secondi - pur con sfumature diverse - di osservanza finiana. Tutti convocati a Palazzo Grazioli per un faccia a faccia con Berlusconi. Che da qualche giorno ha deciso di prendere in mano in prima persona il caso Fini, convinto sia arrivato il momento di passare alla controffensiva. Se sulle «attese sorprese» che arriveranno nei prossimi giorni dalle procure «non posso fare nulla» - è il senso dei ragionamenti del premier - sul fronte parlamentare invece «farò il possibile» per resistere al fuoco dei finiani. Annunciato a più riprese da Bocchino che non perde occasione per dire che «da ora ci dovranno convincere su ogni voto». Magari già nelle prossime settimane, visto che proprio ieri Fini ha detto di aspettarsi una decisione della Camera sul testo sulla cittadinanza entro giugno.
Così, a Bianconi, Laffranco e Corsaro Berlusconi ripete nella sostanza il discorso fatto alla direzione nazionale del Pdl chiedendogli di spiegare ai loro ex colleghi di partito che lui nel Popolo della libertà ci crede ancora. Il messaggio è chiaro: convincere quanti più finiani possibile a restare fedeli alla linea del Pdl. Che, dice il Cavaliere, sarà «decisa democraticamente», tanto che nell’incontro con i tre coordinatori si decide di convocare l’ufficio di presidenza del partito entro una decina di giorni e la direzione nazionale entro un mese e mezzo. Il ragionamento è più meno lo stesso con Augello e Moffa, ai quali il premier ribadisce di non volere un Pdl spaccato in due. E che ci siano movimenti in corso lo dimostra anche la lunga serie di incontri avuti ieri da Berlusconi nel suo studio di Montecitorio. La De Girolamo, per esempio, s’è presentata dal Cavaliere in compagnia della Sbai. E la deputata di origine marocchina, considerata di area finiana, ha voluto far sapere a Berlusconi di non essere disponibile a entrare in alcuna corrente. Mentre ad altri parlamentari il premier ha chiesto di farsi ambasciatori con alcuni deputati finiani, nomi e cognomi alla mano (Della Vedova è uno di quelli che a breve potrebbe avere un incontro con il Cavaliere). Movimenti che andranno avanti almeno fino all’ultima settimana di maggio, quando è previsto il rinnovo delle presidenze di tutte le commissioni parlamentari (non è esclusa qualche sorpresa).
Ed è sempre in questo senso che nei numerosi faccia a faccia di ieri il presidente del Consiglio ha puntato la sua attenzione sul gruppo parlamentare della Camera, che negli ultimi tempi è incorso in più d’uno scivolone. «L’ho trascurato per troppo - ha detto - ora me ne occuperò in prima persona». Anche per questo si è deciso che per garantire le presenze in aula Cicchitto sarà affiancato da due deputati per ogni regione che si faranno carico di «controllare» i colleghi. Con un corollario: chi non sarà sopra l’80% delle presenze non sarà ricandidato. Anche questo, insomma, un modo per prepararsi a eventuali guerriglie parlamentari con i finiani.
D’altra parte, pur non escludendo una ricomposizione, Berlusconi si è ormai convinto dell’esistenza di un vero e proprio «asse tra Fini e la magistratura» e nelle sue conversazioni private lo dice apertamente. Il presidente della Camera, è la chiosa di un deputato di casa a Palazzo Grazioli, «fa da sponda all’azione delle procure e ha garantito che nel dopo Berlusconi ci sarà una riforma della giustizia che non disturbi il manovratore». Illazioni, forse. Di certo c’è che il Cavaliere continua a dire di voler «chiudere la legislatura». E tra le prime riforme sul tavolo cita proprio quella della giustizia. Seguita da quella del fisco, «ampia e strutturale» da farsi «nel prossimo triennio».
Capitolo a parte la questione dell’interim allo Sviluppo economico che Berlusconi vuole chiudere «entro una settimana». Un ministero per il quale la Lega lancia Galan così da rivendicare per sé l’Agricoltura.

Bossi lo dice in chiaro, ma in realtà - come sempre accade con il Senatùr - è probabile che il non detto sia un altro. Fare pressione per evitare che Formigoni diventi presidente della Conferenza Stato-Regioni. Intanto per il dopo Scajola in pool position resta sempre Paolo Romani.

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