Berlusconi: «Verifica in Senato» Napolitano evoca il ribaltone ’94

RomaSubito la Finanziaria: «È inderogabile», non se ne può fare a meno se non si vuol mandare il Paese alla deriva economica. Poi, solo dopo il via libera alla legge di stabilità, il Cavaliere si presenterà in Parlamento per chiedere la fiducia. Comincerà dal Senato, dove i numeri sono dalla sua parte e dove conta di ottenere i voti necessari per continuare. E proseguirà alla Camera, dove invece rischia forte.
È lo stesso Silvio Berlusconi, al termine di una giornata fitta di incontri e di contatti, a mettere un punto fermo con una lettera a Renato Schifani e Gianfranco Fini. «Renderò comunicazioni presso il Senato - scrive - anche alla luce del preannunciato ritiro della componente di Futuro e libertà dal governo da me presieduto, immediatamente dopo la definitiva approvazione della legge di stabilità e del bilancio dello Stato. Adempimenti questi ultimi, la cui inderogabile necessità ai fini di una positiva stabilizzazione del nostro quadro economico e finanziario, è stata da più parti, anche in modo estremamente autorevole, sottolineata».
Il Cav allude chiaramente a Giorgio Napolitano, che l’altro giorno ha invitato tutti a non dimenticare i conti pubblici e che adesso «apprezza» la scelta di Berlusconi. «È bene - fanno sapere dal Quirinale - che governo e forze politiche siano d’accordo sul fatto di dare priorità alla Finanziaria approvandola in entrambi i rami del Parlamento per poi affrontare la crisi politica, in sintonia con il richiamo del presidente della Repubblica». La procedura è questa, ricorda il capo dello Stato. «D’altronde ci si regolò analogamente nelle vicende di fine anno 1994».
Ci avviciniamo quindi alla stretta finale. Berlusconi fa la sua mossa dopo un vertice in mattinata a Palazzo Grazioli con Gianni Letta, Paolo Bonaiuti e Angelino Alfano. Il premier vede anche Gianfranco Miccichè, che lo trova «in piena forma, come nel 1994, e deciso ad andare avanti». Per giocarsi la sua partita, il presidente del Consiglio si è scelto il terreno più favorevole, forte anche degli usi parlamentari, come ricorda nella lettera a Schifani e Fini: «La richiesta che avanzo tiene naturalmente conto del fatto che le mie ultime comunicazioni sulla situazione politica, con relativa richiesta del voto di fiducia, vennero da me rese il 29 settembre prima presso la Camera dei deputati». Una questione di consuetudini, che però il Pd non riconosce: «Berlusconi straccia i regolamenti - dice Dario Franceschini - e vuole decidere da solo i calendari. È un tentativo disperato e tardivo di evitare la mozione di sfiducia».
Dietro la decisione del premier c’è pure un calcolo politico. A Palazzo Madama, nonostante qualche senatore in dubbio, il governo dovrebbe farcela. La questione verrebbe così rimandata alla Camera dove l’onere della crisi cadrebbe per intera sui finiani. «E quel punto - dicono da Palazzo Grazioli - vogliamo proprio vedere che farà Fli, se chi e quanti metteranno la faccia per mandare a casa il governo scelto dagli elettori».
Dunque niente passi indietro, basta con le mediazioni della Lega, non c’è più tempo ormai per la trattativa. Berlusconi, riferiscono fonti della maggioranza, dovrebbe presentarsi alle Camere ripetendo l’intenzioni di andare avanti per rispettare il mandato degli italiani: se vogliono un’altra maggioranza, questo è il ragionamento, ci provino a sfiduciare l’esecutivo, «assumendosene tutte le responsabilità di fronte al Paese». Ma Pier Ferdinando Casini spera ancora che il Cavaliere si dimetta prima ancora di andare alla conta.
Si vedrà. Intanto l’attenzione è almeno in parte già puntata sul dopo, cioè sullo scenario che si aprirà se e quando il governo cadrà.

Pdl e Lega puntano alle elezioni, gli altri a un gabinetto tecnico che difficilmente Napolitano metterà in piedi se non ci sarà una significativa transumanza dal centrodestra. Occhio a Fini, che dice di non volere ribaltoni, ma fa ancora il vago: «Dobbiamo uscire dal ping pong e dalla logica dello scontro, serve una stagione di riforme».

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