Roberto Scafuri
da Roma
È loffensiva contro i Soloni esterni, magari quelli che lo dipingono come il terribile Parolaio rosso. Oppure quelli interni, mai contenti, i «massimalisti» di mille battaglie perdute. Oppure i compagni di strada alla Bonino, che «si alzano salvandosi la coscienza, ma non avrebbero ottenuto nulla sui Pacs, mentre noi restiamo e che se ne parli nel programma è un successo...». Fausto Bertinotti lancia la sua sfida a 360 gradi, perché «questa occasione non va sciupata», e il vero pericolo dellUnione e del Paese si chiama piuttosto «neocentrismo». Il gattopardesco accordo tra moderati di qua e di là del confine bipolare, che oggi, dopo il manifesto di Pera, rischia una deriva «neoreazionaria». Ed è su un terreno pregnante, la sfida agli alleati prima ancora che agli avversari: concretezza, «perché di parole di sinistra siamo pieni, vogliamo i fatti», e serietà. In una parola, magicamente «curiosa» soltanto per chi non ha seguito i passi fin qui compiuti: «affidabilità».
La prima kermesse elettorale di Rifondazione è lantidoto a quella americaneggiante dellUlivo. Una «prima» del Partito democratico che non piace a Bertinotti, vista la sua «mancanza di fondamento culturale: che cosè, la fusione tra Ds e Margherita?». Oggi i Ds sono «di fronte a un bivio, entrare nel blocco moderato o ricollocarsi a sinistra» e la Rosa nel pugno «con i suoi valori laici può rappresentare un ulteriore ostacolo alla creazione del Partito democratico».
Ai coriandoli e palloncini dellEur viene opposto un teatro storico di Roma, il Quirino, straripante di compagni e militanti di ogni parte dItalia. Bandiere rosse, il refrain dellintelligente campagna in ogni dove: «Vuoi vedere che lItalia cambia davvero» (il «nostro controllato stupore», lo definisce Bertinotti). Il leader parte dalla crisi .dellavversario, per giungere a conclusioni sorprendenti: «Lidea della distruzione dellavversario è la distruzione della nostra politica». Ovvero: «Si è pensato troppo a demonizzare Berlusconi senza mettere in evidenza la sua superficialità... Nelle ultime settimane Berlusconi ha fissato lagenda politica e lUnione ha pensato solo a replicare sui temi che lui ha proposto, fino ad arrivare a occuparsi dellaspetto fisico del premier. Questo non è bene. Cè solo superficialità e si pensa solo a come, dove e quando si devono fare i confronti. Discussioni sul niente. Dobbiamo mettere fine a questo, perché la campagna elettorale non è avanspettacolo. Mettiamoci i tappi di cera nelle orecchie...».
Torniamo a parlare al Paese «dei problemi del Paese», è il monito di Bertinotti. Perché per chiudere lera berlusconiana «ci si deve chiedere anzitutto che cosa accadrebbe se governasse ancora Berlusconi: nella sua politica cè il racconto di unItalia che non vogliamo e che se prevalesse sarebbe una tragedia». UnItalia incarnata anche dal «manifesto sulla razza» di Pera, spiega il leader rifondatore chiedendone ancora le dimissioni e argomentando che «il conflitto di civiltà è un argomento pericoloso», specie se fatto dalla seconda carica dello Stato. «La vita è la coesistenza tra le civiltà diverse, la morte è il conflitto di civiltà», aggiunge, e «non si può regredire» fino al punto di fare del migrante un «capro espiatorio» e risalire persino alla civiltà dorigine, lIslam, per cacciarlo via. «Questa è la cultura da sradicare!...», sinfervora.
Ma la competizione oggi si gioca su un fronte vasto e insidioso. Il leader torna su quel «tentativo di chiuderci in una tenaglia». Guarda caso, un attacco partito subito dopo il varo del programma dellUnione, «un programma che ha limpianto di sinistra». Un attacco che ha avuto momenti salienti sullOlimpiade, sulla Tav, sui candidati. Ma oggi il leader rifondatore chiama a raccolta tutti, candidati e militanti, affinché sappiano rispondere «dimostrando la nostra affidabilità». Le forze moderate, «anche nel centrosinistra, considerano lequilibrio programmatico raggiunto troppo avanzato e poteri economici lo considerano troppo spostato a sinistra». Per questo non bisogna replicare «in maniera difensiva».
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