Alessio Garofoli
da Roma
Un Presidente della Camera amico del subcomandante Marcos non poteva non desiderare una buvette altromondista. Così, ecco anche a Montecitorio i famosi prodotti equosolidali. Ieri, a presentare la nuova offerta, insieme a Fausto Bertinotti, un soddisfatto Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente. «Non ha neanche fatto depositare la lettera con la quale chiedevamo questa iniziativa - racconta di Bertinotti lesponente Dl - daltro canto la sua sensibilità credo sia precedente allincarico istituzionale».
I deputati possono ora gustare tè darjeeling dellIndia, tè nero dello Sri Lanka, bevande al guaranà, anacardi brasiliani, orzo dellEcuador e perfino birra di riso e quinoa (una pianta originaria della regione delle Ande, parente degli spinaci). «La buvette è un luogo di consumo come tutti gli altri - spiega il presidente della Camera - è una vetrina che lascia al consumatore una libertà di scelta. Suggerisce un consumo equo e solidale, senza prevaricazioni. Speriamo abbia fortuna. È un ingresso nel mercato di quelli che possono vivificare sia il mercato stesso sia la qualità della vita. I consumatori, - continua - se lo scelgono, fanno opera di solidarietà nei confronti di quei popoli che abitualmente sono depredati in economia». Un altro mondo è possibile, insomma, come recita lo slogan del movimento no global. «Lidea che muove questa esperienza - aggiunge - è che non ci sia un solo modo di intervenire: quello dal cielo come la politica degli Stati, ma anche quello dei mille modi delle relazioni fra società civili».
Il commercio equo e solidale è una forma di lotta alla povertà che i promotori dichiarano basarsi su un prezzo maggiore pagato ai lavoratori, opere sociali per le comunità coinvolte, sensibilità ambientale nei processi di lavorazione. Una lotta non solo ideale, visto che in genere questi prodotti costano al consumatore di più dei loro omologhi tradizionali. Realacci espone poi lintenzione del gruppo di parlamentari artefice di questiniziativa «di produrre una legge per promuovere il commercio equo e solidale per la crescita sostenibile e umanamente accettabile dei paesi in via di sviluppo». E prosegue con un esempio: «Un lavoratore di caffè latinoamericano percepisce circa il 3 per cento del prezzo finale, con il commercio equo e solidale lui e la sua comunità ricevono circa il 30 per cento». Precisa di non essere contrario per principio a questi alimenti Fabio Rampelli, che però rimane scettico, perché le certificazioni ambientali sono il più delle volte oscure.
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