Morto il capo, il leggendario e spietato, «Tirofijo» («colpo sicuro»), che combatteva da quarantaquattro anni, la guerriglia marxista-leninista più longeva al mondo, che ha insanguinato la Colombia dagli anni Sessanta, rischia di crollare come un gigante dai piedi d’argilla. Non solo: alcuni comandanti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno informato il governo colombiano di essere pronti a liberare l’ostaggio più eccellente nelle loro mani, l’eroina di origine francese Ingrid Betancourt. In cambio chiedono l’asilo politico. Però la fine delle Farc, inserite nella lista delle organizzazioni terroriste da Stati Uniti ed Unione europea, potrebbe non essere indolore.
La morte di Marulanda Velez, nome di battaglia «Tirofijo», fondatore del movimento, è stata confermata. Sarebbe deceduto il 26 marzo alle 18.30 per un infarto «fra le braccia della sua compagna» come sostengono fonti della guerriglia. «Tirofijo» aveva 78 anni e con il suo carisma teneva unite le Farc decimate dalle diserzioni. La guerriglia ha già nominato al suo posto «Alfonso Cano», nome di battaglia di Guillermo Leon Saenz, un antropologo colombiano sessantenne. Ideologo del partito difficilmente riuscirà ad imporre la disciplina leninista del predecessore. La spaccatura nel movimento fra i duri e puri e chi vuole abbandonare la lotta armata potrebbe sfociare in faida intestina. «Il governo - rivela il presidente colombiano Alvaro Uribe - ha ricevuto degli appelli delle Farc con i quali alcuni dirigenti annunciano la decisione di arrendersi e rilasciare Ingrid Betancourt, se verrà garantita loro la libertà».
Candidata alle presidenziali in Colombia, con cittadinanza francese, era stata rapita nel 2002 e sta molto male. Secondo il presidente colombiano, i comandanti che abbandoneranno la lotta armata «saranno consegnati alle autorità francesi perché in quel Paese possano godere della libertà». Una bella fetta delle Farc è pronta a mollare non solo la Betancourt, ma anche altri ostaggi eccellenti, come tre americani in cambio dell’«asilo politico» in Francia o in Venezuela. Il nocciolo duro, invece, rilascerebbe 44 ostaggi in cambio di 500 guerriglieri detenuti e di una zona immune da attacchi dove ricostituire le forze. Uribe ha già detto no a questa ipotesi, forte dei successi della sua strategia di «bastone e carota» nei confronti delle Farc. Con l’aiuto americano e di specialisti israeliani ha assestato colpi durissimi alla guerriglia. I corpi speciali «Omega» hanno decapitato i vertici. Ai primi di marzo un bombardamento mirato, grazie ai dati dei satelliti Usa, ha incenerito Raul Reyes, numero due delle Farc, che si nascondeva in Ecuador. Ivan Ríos, numero tre del movimento, è stato ucciso dal capo della sua sicurezza «comprato» dai governativi
Grazie agli sconti di pena per chi si consegna le Farc sono state decimate dalle diserzioni. Da un mini esercito di 17mila uomini le forze guerrigliere sono ridotte a poco più di 6mila effettivi, per il 40% donne. Il reclutamento di ragazzini non basta. Alcune settimane fa si è consegnata al governo Nelly Avila, nome di battaglia «Karina», storica leader della rivolta. Anche nelle carceri i «prigionieri di guerra» si stanno sfaldando.
Seicento guerriglieri detenuti su 1700 hanno firmato una petizione che chiede il rilascio degli ostaggi e l’abbandono della lotta armata. «Le Farc sono come un gigante morente» sostiene Pablo Casas, del think tank di Bogotà, Sicurezza e democrazia –. Per loro è l’inizio della fine».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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