da Milano
È almeno un anno che sbraitano. È dal mondiale di Stoccarda che si agitano nel nome del ciclismo pulito, accusando tutto e tutti, minacciando provvedimenti rigorosi, dopo aver sacrificato sullaltare del ciclismo uno degli uomini simbolo dello sport teutonico: Jan Ullrich. I tedeschi hanno fatto la lezioncina di stile a tutti, in particolare a noi italiani, ma forse anche per loro è arrivato il momento di usare un po di prudenza e di fare un po di autocritica.
Il sospetto che anche i tedeschi siano bravi a fare i furbi è sorto subito dopo il Mondiale vinto da Paolo Bettini, quando è emerso un pasticcio ematico tenuto nascosto con cura durante la settimana iridata, sul loro corridore più rappresentativo: Steffan Schumacher. Una questione gestita dai tedeschi in gran silenzio, tra le mura nazionali, lontano da clamori e pubblicità. Una volta verificate le anomalie ematiche e verificato che tutto alla fine era riconducibile a delle ragioni lontane dal doping è stata resa ufficiale la notizia. Tutto bene, nulla da ridire, anche se ben diverso è stato latteggiamento dei tedeschi alla vigilia del Mondiale di Stoccarda nei confronti di Paolo Bettini, ma questo è un altro discorso...
Ben più grave è quanto sta emergendo in queste ore, e che riporta nella bufera la T-Mobile, una delle squadre ciclistiche più forti del mondo, sponsorizzata direttamente dal colosso della telefonia tedesca. Secondo quanto ha affermato laltro ieri Peter Barth, presidente del tribunale della federazione tedesca, Patrik Sinkewitz (corridore fermato per doping, ndr) nel suo interrogatorio avrebbe affermato che in T-Mobile le pratiche di doping sono proseguite anche dopo il Tour de France 2006, quando Jan Ullrich fu cacciato dalla Grande Boucle (assieme a Ivan Basso, ndr) e sospeso per il suo coinvolgimento nell'«Operacion Puerto».
A confermare questa tesi è il quotidiano Süddeutsche Zeitung, che nelledizione di ieri ha ribadito a chiare lettere laccusa di «doping sistematico e di squadra».
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