Blair a Roma insiste: «L’euro non ci interessa»

Ribadita la necessità della lotta al terrorismo in Afghanistan e Irak

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Alessandro M. Caprettini

da Roma

Evita accuratamente Tony Blair di farsi trascinare nella giostra dei pronostici sul referendum francese. Meglio glissare su giudizi che potrebbero rivelarsi imbarazzanti. Ma sull’Europa, o meglio sull’euro, non si tira indietro: «La posizione della Gran Bretagna non è cambiata. Bisogna che ci siano le condizioni economiche per l’adozione della moneta unica. Che, attualmente, non ci sono».
Conciso e chiarissimo. Il premier britannico - giunto ieri a Roma per un blitz in preparazione del prossimo G8 (ai primi di luglio a Gleneagles, in Scozia) - e del semestre di presidenza britannica della Ue, incontra Berlusconi, viene accolto in Consiglio dei ministri (e lì gli viene presentato Tremonti come «il Gordon Brown italiano») e alla Camera - dove assieme al presidente del Consiglio e a Casini fa una passeggiatina anche in aula - prende parte infine a un workshop dell’Aspen sulla necessità di incrementare gli sforzi per lo sviluppo dell’Africa e riparte per Londra in serata, soddisfatto. Nel suo carniere ha l’appoggio italiano su tutto o quasi. «Governo italiano e britannico - dice l’inquilino di Downing Street - sono d’accordo sulla via da seguire sia riguardo all’Africa che per i cambiamenti climatici», annuncia. Proprio gli aiuti allo sviluppo al Continente nero e i provvedimenti per combattere il riscaldamento globale sono i cardini del programma stilato a Londra per il prossimo G8. Avere il pieno sostegno di Roma non è irrilevante.
Poco o nulla invece - se si eccettua la risposta sull’euro - sui problemi Ue. Blair preferisce tenersi al coperto in vista del semestre di guida britannica. Un po’ perchè il referendum francese alle porte rischia di condizionare i prossimi sviluppi (Blair in tema si è limitato solo a dire, qualche tempo fa, che se Olanda e Francia bocciano la carta la questione dovrà essere affrontata dal Consiglio europeo), un po’ perchè la situazione è complessa da altri punti di vista. A cominciare da quei fondi strutturali da dare a Barroso che Londra vorrebbe diminuire, al pari di Parigi e Berlino, ma che Roma non accetta siano tagliati visto che finirebbero per penalizzare il nostro Mezzogiorno.
Del resto ci sono altri punti del dialogo tra i due Paesi in cui si ritrovano salde posizioni comuni. La lotta al terrorismo, l’Afghanistan e l’Irak, ad esempio, su cui l’intesa si allarga oltre Atlantico con gli americani. E sul tema il premier inglese ha voluto «rendere omaggio alle Forze armate italiane per il loro coraggio e impegno che, per noi alleati, ha molto valore». Blair ha spiegato come resti complesso e difficile il compito di aiutare l’Irak a muovere verso una autentica democrazia.
«Ma questa - ha tenuto a sottolineare il premier inglese - ha preso il via quando 8 milioni di iracheni sono andati alle urne. Adesso - ha continuato quasi a spiegare che non si può ancora segnare la data di un ritiro - si tratta di addestrare le forze dell’ordine di quel Paese; man mano che cresceranno le loro capacità di ridurrà per noi l’esigenza di garantire la sicurezza. Comunque - ha voluto precisare ancora - nel sud del Paese sono stati fatti grandi progressi. E l’impegno dell’Italia in Irak per noi è di grande importanza».
Ultima tappa in Campidoglio, prima di riprendere il volo per Londra. Lì, assieme a Tremonti, Veltroni, Stanca e Bob Geldof rilancia il piano per maggiori aiuti all’Africa nel convegno organizzato dall’Aspen. «È la più grande causa che c’è al mondo oggi» ha sostenuto, assicurando che farà di tutto in Scozia per ottenere la cancellazione del debito dei Paesi africani e per un nuovo sostegno allo sviluppo.

«E non si tratta solo di debellare le malattie o la povertà - ha tenuto a puntualizzare - ma anche di porre fine alla corruzione dei governi». Chiamarsi fuori non servirebbe: «il mondo ormai è interdipendente per cui se non riusciamo a cambiare la situazione, la crisi dell’Africa finirà per ripercuotersi su di noi».

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