Politica

Bobbio, l’ex magistrato fustigatore dei giudici

Zigzagando nei meandri del Senato, Luigi Bobbio di An mi fa strada in cerca di un posto tranquillo. Apre porte, scruta stanze e finalmente ci infiliamo nell’auletta deserta della commissione Giustizia.
«La mia commissione», dice e me la presenta con un giro di mano. Essendo di mestiere magistrato, il partito gli ha infatti rifilato la polpetta avvelenata della materia giudiziaria.
«Mai sarei arrivato fin qui da solo. Grazie di avermi fatto da Virgilio», dico.
«Ce l’ho nel sangue», ride la mia guida. «Marone è il cognome della mia nonna paterna, una discendente di Publio Virgilio Marone, il poeta mantovano», dice e si gode la mia sorpresa. Il tardo rampollo del verseggiatore è un tipo dritto e combattivo. Capelli corti da truppa da sbarco, occhi azzurri e un’aria generale da cultore di arti marziali. Ora però è vestito da senatore, in abito scuro e cravatta, in obbedienza alle direttive del presidente Pera, feroce custode dell’etichetta.
«Lei è napoletano. Ma ha una nonna lombarda e anche un cognome ligure-piemontese», osservo.
«I Bobbio di Napoli sono arrivati dal Piemonte con la burocrazia savoiarda ai tempi dell’Unità d’Italia», dice.
«C’è un altro Luigi Bobbio noto. Il figlio di Norberto. Oggi professore a Torino, ma in gioventù sfegatato lottacontinuista», rido.
«Per mio nonno eravamo imparentati alla lontana con Norberto. Non ho mai verificato. Quanto a quel Luigi, ogni tanto i giornali equivocano. Parlando di lui, mettono la mia foto. O viceversa».
«Sopravvive all’omonimia con un ex di Lotta continua?», mi informo.
«Noi Bobbio di Napoli abbiamo un’omogenea impostazione di destra. Solo Scipione, un fratello di mio padre, purtroppo morto, era la pecora rossa della famiglia. È stato due volte assessore con Bassolino». Parlando ci siamo sistemati nella parte alta della tribuna, tra la bandiera italiana e quella dell’Ue. Drappeggio alle spalle, il senatore fa una indubbia figura. Il cronista cerca di adeguarsi.
«Lei è un magistrato entrato in politica. Ora tutti sanno che era una toga di parte», dico.
«Mi vanto di avere avuto la decenza di appendere la toga, contrariamente ad altri che indossano la toga e fanno politica», dice duro.
«Quando la portava lei, era imparziale?».
«Sono stato nel Fronte della gioventù, ma da magistrato non ho mai fatto trapelare le mie tendenze. Quando da Pm mi sono trovato davanti Massimo Abbatangelo, storico rappresentante della Msi e mio amico, ne ho chiesto la condanna per porto abusivo di pistole. Era giusto e l’ho fatto».
«Sempre stato Pm, mai giudice?».
«Solo Pm. Esempio vivente di separazione delle carriere ante litteram. Non mi sarei mai immaginato nella veste del giudice che noi chiamiamo “l’uomo dalla grande vescica” per la sedentarietà», sorride Bobbio che ogni tanto scalcia per sfogare energie represse.
«Se lei, dopo essere stato senatore di An, rientrerà nei ranghi di magistrato, chi crederà alla sua imparzialità?».
«Stiamo studiando una legge contro il rientro dei magistrati già parlamentari. Ma la questione non mi accende. Ci sono tanti che, mai stati parlamentari, sono però politicizzati. Risolviamo prima il nodo dei magistrati in servizio che, senza dirlo, sono partigiani. Poi il problema di quelli che, sotto gli occhi di tutti, si sono schierati facendosi eleggere».
«Ce l’ha con gli ex colleghi?», dico.
«Passo per duro. Ma preferisco la chiarezza», dice. Fa un ultimo scatto e si assesta per l’intervista.
Lei è stato relatore della recente riforma giudiziaria. Qual è il pregio?
«Lo sforzo potente, che non si faceva da 60 anni, di ricondurre le toghe alla Costituzione».
L’avevano scavalcata?
«Il magistrato si sente spesso tutore dell’interesse pubblico, cosa che spetta invece a noi eletti. Ora dovrà smetterla. Non è un eroe civile, ma un professionista che applica la legge».
La riforma prevede, dopo cinque anni, la definitiva separazione delle carriere. Fine della confraternita Pm-giudice?
«Avrei preferito il doppio concorso, per separare alla radice Pm e giudice. Ma anche così, il passo è enorme. Se non sarà risolutivo nell’immediato, è per cattiva volontà della magistratura».
Il Csm protesta.
«Degenerazione studiata a tavolino dai comunisti. Volevano la “rivoluzione dolce”, occupando i gangli vitali del Paese. Il sindacato, Anm, ha infiltrato la magistratura e le correnti hanno infiltrato il Csm, che ora è il loro luogo di potere».
I magistrati scioperano.
«Infantili come i ragazzini che, nei licei degli anni ’70, cominciavano a fare politica. L’Anm è un brontosauro i cui organi hanno nomi da vecchio Pci: Comitato centrale e cose così».
Scioperano contro il Parlamento.
«Atto eversivo. La riforma non riguarda loro, ma un servizio che ci concerne tutti. Inoltre, i magistrati hanno tali garanzie proprie che non possono utilizzare anche quelle dei cittadini comuni, come lo sciopero. Diventerebbero superuomini».
Si dice: i magistrati partigiani sono una minoranza.
«Non sono affatto pochi. Soprattutto, non ci sono correnti di destra, centro, ecc: sono tutte allineate con la comunisteggiante Md. Le tante sigle, servono solo a spartirsi i posti».
C’è un rimedio?
«Bisognava lanciare politicamente l’idea di una corrente di destra».
Perché i moderati tacciono?
«Conformismo e paura. Il Csm è una forca caudina. Se il moderato incappa in un incidente disciplinare e non ha uno sponsor là dentro, lo rovinano».
Perché Giancarlo Caselli, un abbaglio sull’altro, è promosso e osannato dalla categoria?
«È osannato perché collaterale alla sinistra parlamentare ma, fortunatamente, non avrà la Procura antimafia. Caselli, dopo un grande spreco di pubblico denaro, è stato sconfessato dai tribunali. Mi chiedo quale manager, dopo avere creato perdite enormi, sarebbe stato promosso come lui».
Perché la giustizia italiana fa pena?
«C’è la farragine delle procedure, ma il problema vero sono i magistrati. Perché fanno due striminzite udienze la settimana e una cameretta di consiglio di due ore, anziché lavorare dal lunedì al sabato?».
I magistrati intercettano a rotta di collo.
«Ben oltre la metà del bilancio è speso per intercettazioni che, nella stragrande maggioranza, non sono utilizzabili. Urge ordine».
Poi divulgano le registrazioni. A dispetto, come si è visto col Governatore Fazio.
«Presenzialismo. Un modo per esserci e contare di più. I magistrati onesti sono schiacciati da questi qui».
La riforma prevede un test psichiatrico dell’aspirante toga?
«Il magistrato, che ha in mano una pistola carica, deve provare di essere equilibrato e di non avere problemi di rivalsa sociale. Non deve né salvare il mondo, né vendicarsi del mondo».
Il Cav è stato un perseguitato giudiziario?
«Contro di lui sono state adottate iniziative altamente discutibili».
Che pensa del Cav?
«Uomo eccezionale che ha cambiato la politica. Un tempo eravamo in balia dei giochi post elettorali, oggi programmi e schieramenti si conoscono da prima. Lo si deve a lui».
Tanti lo detestano.
«Paga la sua schiettezza. Siamo moralisti e ipocriti. Preferiamo uno che dice: “Siamo in difficoltà, soffriamo insieme”. A Berlusconi che dice: “Siamo in difficoltà. Ma ho fiducia”».
Si aspettava di più dal governo?
«È il primo governo che ha mantenuto quasi tutto il promesso. Ma anche perso tempo. Un errore è stato governare con la burocrazia infiltrata dalla sinistra. Bisognava attuare lo spoil system».
Perché rivotare la Cdl nel 2006?
«Abbiamo resistito alla bufera mondiale. Con la sinistra andavamo al macero. Quanto al futuro, l’Ulivo ci offre: un Prodi, leader senza partito; Bertinotti, che vuole la patrimoniale; i Ds che non si candidano per non spaventare il Paese. Faccia lei».
Chi preferisce leder dell’Ulivo per meglio batterlo?
«Bertinotti, un suicidio per loro. Fausto non mi incanta. I comunisti con la erre moscia e la cravatta bella, mi sono ancora più antipatici».
Publio Fiori, vicepresidente della Camera, ha lasciato An.
«Se Fiori avesse fatto più leva sulla razionalità che sull’emozione non avrebbe compiuto questo passo».
Il terrorismo ci minaccia. Ce la siamo voluta appoggiando gli Usa in Irak?
«Inevitabile conseguenza di una doverosa scelta di campo. Ma se anche ci sono rischi, schiena dritta».
Gli attentatori sono islamici ospiti. Va rivista l’ospitalità?
«Le comunità islamiche dovrebbero collaborare denunciando i violenti che profittano della “discrezione” dei correligionari per fare lo sporco lavoro».
Da noi scoppiano le bombe, nei Paesi islamici si festeggia. Dov’è l’Islam moderato?
«Penso ci sia e spero di non essere smentito. La moderazione però non consiste nel non mettere bombe, ma in un ruolo attivo per sconfiggere i violenti».
Napoli è la peggiore città d’Italia. Lei che fa?
«Preparo un pacchetto anticrimine. Abbasso l’età imputabile da 14 a 12 anni e il recidivo, anziché essere liberato dopo due giorni, resta in carcere».
Nonostante l’obbrobrio, Bassolino trionfa da un decennio.
«Colpa della Cdl. Non si è mai schierata contro il padrone del vapore. E non ha mai dato un’alternativa agli elettori».
Ohibò e perché?
«Gli eletti della Cdl non obbediscono ai loro partiti. E i partiti sono degli eunuchi che non danno direttive».
Una Piedigrotta, si direbbe a Napoli.


«Un casino, rende meglio».

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