Bombe, sangue di Stato e G8 Il cinema torna a fare politica

Dalla strage di Piazza Fontana ai fatti di Genova, tre nuovi film (impegnati ma speriamo non a tesi) rileggono i misteri d’Italia. Quella di Giordana è la prima pellicola sull'attentato del 1969

Bombe, sangue di Stato e G8  Il cinema torna a fare politica

Il cinema politico e, come si diceva una volta, civile sta tornando. Se ne sentiva la mancanza? Dipende dagli interessi e dalle passioni di ognuno. Servirà a qualcosa? Bisognerà vedere il tipo di verità proposta. Per il 2012 è previsto un interessante trittico. Marco Tullio Giordana in Romanzo di una strage (dal celebre scritto Cos'è questo golpe? Io so di Pasolini), la cui uscita è prevista per metà febbraio, continuerà la sua personale ricostruzione della storia più recente del nostro paese con il racconto della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969 a Milano e dei suoi protagonisti, loro malgrado, Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea) e Giuseppe Pinelli (Pierfrancesco Favino).
Stefano Sollima, dopo la serie tv Romanzo criminale, porterà al cinema dal 13 gennaio A.C.A.B., acronimo di All Cops Are Bastards (Tutti i poliziotti sono bastardi), tratto dall’omonimo libro di Carlo Bonini, su un gruppo di poliziotti del reparto romano Celere (ancora Favino) alle prese con fatti di cronaca ma anche con gli echi del G8 di Genova. E proprio sull’irruzione della Polizia nella scuola Diaz del capoluogo ligure è incentrato Diaz, Don't Clean Up This Blood diretto da Daniele Vicari e previsto per la prossima primavera.
L’impressione è che, rispetto anche a un passato recente in cui la Storia è stata trasfigurata grottescamente (Il caimano di Nanni Moretti e Il Divo di Paolo Sorrentino), questi lavori si atterranno di più al racconto dei fatti, si spera politicamente meno condizionabili. Ma, per capire come il cinema italiano abbia raccontato la sua storia più controversa, corre in aiuto l’interessante volume Strane storie. Il cinema e i misteri d'Italia edito da Rubbettino e curato da Christian Uva, giovane ricercatore ma già veterano di questi argomenti, con tredici interventi di studiosi insieme a un bel testo originale di Zavattini sul documentario su Moro mai portato a compimento. Un racconto sulla memoria attraverso l’immagine che parte dalla strage di Portella della Ginestra e prosegue per Piazza Fontana, Brescia, Ustica, Bologna, i tentati golpe De Lorenzo e Borghese, Mattei, Moro, Ambrosoli, Pasolini fino al capolinea - si spera (ma c’è sempre la Mafia ben analizzata al cinema e in tv da Vito Zagarrio) - del G8 di Genova. L’esaustivo quadro che ne fa Uva è inedito perché tralascia gli intenti, anche politici, di alcuni autori a favore della più interessante analisi testuale di quando l’informazione diventa racconto.
E qui iniziano le sorprese. Perché se, ad esempio, nell’immaginario collettivo la voragine della Banca Nazionale dell’Agricoltura vista centinaia di volte sembra essere sempre presente - e uno si aspetterebbe decine di film sull’argomento - scopriamo invece che il nuovo film di Giordana sarà, più di quarant’anni dopo, «la prima opera cinematografica su quell’attentato di Piazza Fontana». Così come il volume ci racconta che il «gioco tra realtà e finzione» era molto più forte nel cinema del passato, prendendo ad esempio sia Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, opera complessa, allusiva e capitale uscita esattamente due mesi dopo la strage, ma anche il cinema popolare dell’epoca con La polizia ha le mani legate di Luciano Ercoli del 1975 con la bomba stragista in una hall di un albergo. Nel film si assiste ai funerali delle vittime attraverso l’inquadratura di un televisore che trasmette le immagini autentiche delle esequie nel Duomo di Milano dei morti di Piazza Fontana (come quelle dell’Italicus in Io ho paura di Damiano Damiani). Ecco - e sembrerebbe una bestemmia - «l'impegno civile spesso con risultati ragguardevoli» di molto «poliziottesco» degli anni '70.
Oggi non c’è più né questo cinema di genere né quello perseverante di Rosi e Petri. Per dire, Michele Placido nel recente Romanzo criminale - ci ricorda Uva - «fa saltare in aria l’ala “sbagliata”, ovvero la destra invece della sinistra della stazione di Bologna» mentre Ligabue nel doc del 2010 Senza paura di Pier Giorgio Gay dice che su quella strage «ormai sappiamo tutto» e invita i fan a ricercare il mistero non nei fatti ma nelle emozioni di chi è stato coinvolto in quel tragico evento.

Così facendo (addirittura anche nel campo documentario, è la tesi di Ivelise Perniola a cui giustamente non piacciono i pamphlet alla Michael Moore) assistiamo a un processo nostalgico e solo emotivo «che si costruisce sul vuoto e sull’ignoranza della storia».
Riusciranno i nostri tre eroi - Giordana, Sollima e Vicari - a invertire questa tendenza nel 2012?

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