Toc toc, avanti prego: i Verdena sono tornati a
bruciapelo, eccoli al secondo posto in classifica e in una settimana
hanno venduto più copie di Zucchero e Negramaro (peraltro usciti da un
po’). Una sorpresa, direte. Macché. Allora sono scesi a compromessi e
il loro nuovo cd Wow è
una litania di singoletti radiofonici? Ma figurarsi: è un doppio
album di rock tosto, chiamatelo alternativo se volete, comunque
zeppo di influenze poco decifrabili dall’orecchio medio come King
Crimson o Motorpsycho. E le radio lo passano a malapena. E allora?
Semplice, Wow è il gran disco di
una band che in dieci anni e rotti si è costruita una credibilità
come poche altre qui in Italia ma pure nel resto del mondo. Sono insomma
l’eccezione che conferma la regola: per aver successo, gli altri
rockettari scatenano il bailamme della comunicazione e non si perdono
un articolo di giornale costi quel che costi. Loro no. Dopo il quarto
cd Requiem del 2007 sono spariti armi e bagagli, tanto che qualcuno
temeva fossero andati in pensione. Però quando sul web, nel silenzio
più totale dell’informazione non specializzata, è arrivato il video
del primo singolo Razzi arpia inferno e fiamme ( che titolo, signori) i contatti sono stati oltre centomila in appena tre giorni. Centomila, mica cento.
Dunque, i Verdena sono tre, ossia i due fratelli Ferrari, il cantante
chitarrista e produttore Alberto e il batterista Luca Ferrari, più
la bassista Roberta Sammarelli, hanno in media trent’anni e arrivano da
un paesetto di neanche ventimila abitanti in provincia di Bergamo,
Albino, tranquillità assoluta ai piedi del monte Misma.
Guardando
da lassù il fondo della Valle Lujo si può persino vedere il loro studio
di registrazione che ha un nome roboante in inglese, Henhouse,ma basta la traduzione per capire cos’è o cos’era: pollaio. I Verdena da sempre compongono qui tutte le loro canzoni e le registrano dai tempi dell’album Il suicidio dei samurai
(2004). E badate bene: dentro non c’è la solita accozzaglia di
mostruosità digitali ma solo strumentazione analogica e persino
vintage, diciamo quella che si usava almeno trent’anni fa. Perciò i
loro dischi suonano tremendamenteverieinbranicomel’iniziale Scegli me
il pianoforte sembra quello degli Abbey Road ma la batteria ha gli echi
che sembrano uscire dai The Plant di Sausalito a due passi da San
Francisco. Oppure, come nelle due parti di Sorriso in spiaggia , c’è un incredibile crossover tra Beach Boys, il Battisti sudamericano di Anima latina , un po’ di prog rock e persino quell’andamento psichedelico
che ha trasformato i MGMT in un fenomeno di culto. Se poi prendete i
Black Sabbath reloaded di Attonito e quello strano abbraccio tra Pink
Floyd e Queen of the stone age di Mi coltivo ,
forse il quadro è completo. Per farla breve, non c’è nulla di più
lontano dai canoni commerciali di queste ventisette canzoni eppure
nulla che in questo momento soddisfi così tanti amanti di quel rock
sepolto dal mainstream
a colpi di gossip. Per di più, quest’ «isolazionismo» non è neppure
una strategia penata a tavolino: i Verdena suonano in giro per
l’Europa senza gridarlo ai quattro venti e convocano
nel pollaio anche un bel po’ di amici come gli Hogwash, Spread,
Moltheni e Love in Elevatror o quella che gli intenditori chiamano
side band come Betoschi, creata dai fratelli Ferrari e tenuto
volontariamente di basso profilo. In più, manco a farlo apposta, i due
hanno accompagnato per cinque concerti i bravissimi Jennifer Gentle
(musicisti da ascoltare, altro che) e Alberto ha pure suonato il basso
dal vivo. Insomma, si capisce che i Verdena sono la spina dorsale
(almeno una delle spine dorsali) del rock chiamatelo alternativo (
ma alternativo a che cosa, scusate?), che raccoglie una quantità
insospettabile di tifosi, quella che per usare una vecchia categoria
è la cosiddetta maggioranza silenziosa: se non la conosci, non ci
fai caso e pensi quasi che non esista (a meno di scorrazzare per i
blog). Perciò il secondo posto in classifica di Wow non significa chissà quali
vendite
discografiche (le cifre sono come il Pil: in netto calo) e piuttosto
garantirà al tour più sold out di quanti ne abbia già avuti (il 4
saranno al Velvet di Rimini). Ma è il segnale di vitalità di una scena
musicale a torto affrontata spesso con la puzza sotto il naso.
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