da Roma
«Vicenza e Pacs sono qualcosa di più di due occasioni di dibattito. Per me sono due simboli, due temi chiave, su cui oggi si verifica la capacità riformista del governo Prodi. Se non li sciogliamo, questi nodi, sono guai».
Enrico Boselli, leader dello Sdi è preoccupato per le fibrillazioni che attanagliano la maggioranza in queste ore, tantè vero che, dentro le polemiche di questi giorni e in vista del vertice dellUnione che ancora non si sa se e quando si farà, fa unanalisi molto netta e pessimista.
Onorevole Boselli, perché dice che i Pacs e Vicenza sono due simboli?
«Perché ho questimmagine nella mente molto chiara: è come se la nostra macchina, la macchina del governo, cercasse di marciare con due freni tirati, quello a mano e quello a pedale. Si può fare molta strada in questo modo?».
Direi di no. Perché dice che cè il freno tirato?
«Sui Pacs è più che evidente. Subiamo una pressione clericale, una influenza esterna che trova sponde nella maggioranza che vorrebbe tramutare principi e valori della morale religiosa in legge dello Stato».
Nella maggioranza o nel governo?
«Nella maggioranza e purtroppo anche nel governo».
Nella Margherita intende?
«In una parte importante della Margherita e certamente in Rutelli».
Per lei il vicepremier è direttamente responsabile?
«Non cè dubbio. È stato lui a trasformare in meno di un anno e mezzo un partito che era un crogiolo riformista in uno che ha una tendenza neocatecumenale. Poi ci sono persone illuminate, penso solo a Maccanico, ma purtroppo non riescono a modificare questa deriva».
E laltro freno?
«È il freno comunista. È la guerriglia di Rifondazione ma anche delle altre sinistre radicali che rallentano Prodi e rendono poco credibile il governo. E questo freno torna a essere pestato a tavoletta anche quando si parla di spesa pubblica, di conti dello Stato, di modernizzazione...».
Dice la Binetti che se ci sono i Pacs lei esce dalla maggioranza. Lei farebbe altrettanto se non ci fossero i Pacs?
«No. Non mi piace la logica del ricatto, non appartiene alla lingua politica dello Sdi. Però non siamo neanche disposti ad arretrare su un tema così importante che peraltro è nel programma politico con cui ci siamo presentati agli elettori, non solo noi, ma tutta la coalizione».
E allora?
«Bisogna pestare sullacceleratore, bisogna accelerare sulle riforme a partire dal prossimo vertice».
E il governo in minoranza al Senato? Quanto è grave per lei?
«Per ora è un episodio. E come tale non lo vorrei sopravvalutare. Ma temo che sia ripetibile, anche sullAfghanistan».
Non è un quadro ottimistico...
«Anche questo è un simbolo, noi abbiamo tenuto per sette mesi al Senato con un pugno di voti. Ma, adesso, deve essere chiaro che un governo non può non avere una politica estera».
Cioè deve avere una maggioranza autonoma?
«Sì, lopposizione può essere aggiuntiva, ma questo governo deve dimostrare di avere i suoi voti, a sostegno della sua politica».
Rifondazione dice: «La base di Vicenza non era nel programma».
«È vero. Ma in programma non era la Treccani, e ci sono cose della politica che sono in divenire, e che non si possono prevedere. Altrimenti il programma doveva essere di centomila pagine e scritto con una palla di vetro per guardare nel futuro».
Ma cè o no un progetto centrista?
«Rifondazione pensa a un complotto ma un complotto ha bisogno di un piano, di una strategia che io non vedo. Però un disegno politico cè».
Lei crede che potrebbe nascere una nuova aggregazione che cambia gli equilibri del governo?
«Io vedo che Casini, Rutelli e Mastella potrebbero essere tentati dallidea di mettersi insieme».
E questo la spaventa?
«Assolutamente no. Anche perché credo che i tre non abbiano proprio nulla in comune. Lunica cosa che li unisce sarebbe proprio il Vaticano».
Non è un legame da poco...
«Ma non sarebbe un buon legame per un partito che deve nascere. Non avendo nientaltro in comune, finirebbero per diventare molto più clericali del Ppi e della Dc. Francamente non mi pare un grande successo».
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