nostro inviato a Venezia
Dall’Alpi alla laguna, il messaggio di Umberto Bossi è uno solo: «Il federalismo è fatto, la va a giorni, la va a ore, e poi sarà festa grande in tutte le città dove è presente la Lega». Lo ripete da venerdì per rincuorare il popolo del Carroccio, la sua gente preoccupata per l’incerto futuro del governo e delle riforme volute dal Senatùr. Anche a Pontida, lo scorso giugno, Bossi aveva dovuto rinfrancare i suoi: era appena stato nominato un ministro per il Federalismo e la base ribolliva dallo stupore. Ieri, sulla Riva Sette Martiri colonizzata dalle camicie verdi (50mila persone secondo gli organizzatori) il copione si è ripetuto: «Il federalismo è fatto, ma non temete. Il prossimo passo sarà il decentramento dei ministeri. Ma io andrò in pensione soltanto quando la Padania sarà realizzata e libera. Andremo fino in fondo per concludere la battaglia di libertà della Padania alla quale abbiamo dato i nostri figli».
Dal palco galleggiante Bossi ha parlato poco delle faccende romane. Gli premeva di più convincere la sua gente, i militanti padani, «che esistono eccome: Fini a Mirabello ha detto una stupidaggine». Rassicurare principalmente su due temi: federalismo e quote latte. «La premiata ditta Calderoli-Bossi ha portato a casa il federalismo», ha ripetuto. E sul futuro dell’agricoltura: «A Berlusconi e Tremonti ho chiesto di trattare con l’Europa per ottenere quello che si può sulla partita delle multe per le quote latte, come quando c’era Zaia ministro. Non vi abbandoniamo - ha detto rivolto agli allevatori, presenti in forze - sappiamo che siete brava gente, non come dice Casini. I numeri di Bruxelles sono falsi, dalle indagini dei carabinieri stanno venendo fuori cose vergognose. Arrivare a dire che gli agricoltori sono delinquenti mi pare troppo».
Il Senatùr, che ha parlato per poco meno di mezz’ora, ha riservato poche battute sulle vicende della maggioranza. Le elezioni anticipate si allontanano, «non le vogliono né Berlusconi né Napolitano». L’idea della «sfiducia amica» è archiviata. Meglio spiegare le novità del federalismo fiscale, con parte delle tasse destinate a restare nei territori. «Alle Regioni andrà una miscela di Irpef e Iva. L’Iva è una tassa rigida, la paga tutto il Paese, anche il Sud, e puoi modificare poco perché ti devi scontrare con l’Europa. L’Irpef è più flessibile. Se Cota in Piemonte o Zaia in Veneto riducono l’Irpef per le imprese, aiutano lo sviluppo. È uno strumento molto importante, si fermano le imprese che vogliono andare all’estero: ricordatevi che la Cina è un’opportunità per i cinesi, non per noi».
Ci pensano i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni ad affrontare i temi politici. Calderoli avverte: «Un governo per arrivare a mangiare il panettone non serve a nessuno. Noi vogliamo un esecutivo stabile per portare a casa le riforme, niente governi tecnici o governicchi. A fine mese probabilmente ci sarà da votare, e allora noi saremo leali con Berlusconi come lui lo è stato con noi realizzando il federalismo». In ogni caso, il Carroccio non teme le elezioni anticipate a differenza di quanti «hanno paura di vedere una Lega che lavora tanto e porta a casa tanti risultati». Fini è un «birichino» che «ha fatto un discorso da vero leader politico, ma dell’opposizione. Chi dice che la Padania non esiste venga a toccarla con mano qui. E Fini si ricordi che anche il suo stipendio viene dalla Padania, se non fosse per le nostre tasse non glielo pagherebbe nessuno».
Ma la presa di posizione più decisa è di Maroni, ripetuta alle telecamere di Sky: «Se ci saranno i 316 voti di fiducia Berlusconi andrà avanti; se no si deve dimettere. Piuttosto che un governicchio che si regge su 10, 20 o 25 parlamentari presi da altri gruppi, e quindi preda nel quotidiano di instabilità, meglio andare a votare per avere un governo stabile. Ci affidiamo a ciò che dice Berlusconi, lui dice che una maggioranza ci sarà e sarà solida e stabile. Se sarà così lo verificheremo a breve, spero sarà così, perché questo ci consentirà di continuare a governare, consolidando risultati e riforme, federalismo in primo luogo. Ma qualcuno nella Lega ha perplessità che ciò possa avvenire».
Il titolare del Viminale ha ribadito l’allarme dei giorni scorsi per l’ordine pubblico: «Il governo eviterà che si ripetano contestazioni violente come quelle a Raffaele Bonanni. Arrivano segnali molto negativi, inquietanti dai giovani dei centri sociali, professionisti della violenza, intolleranti delle idee altrui.
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