Bossi frena i suoi: "Attenti a non trovarci tutti contro"

Il Senatùr frena i suoi all'opposizione. Niente fiducia dai senatori padani: "Ma ci mettono un attimo a farci sparire". Maroni verso il Copasir

Bossi frena i suoi: "Attenti a non trovarci tutti contro"

Roma Picchiare, ma con giudizio. «Siamo da soli, dobbiamo fare opposizione ma non metterceli tutti contro» ha detto Bossi ai suoi uomini. Il rischio che aleggia nella Lega è quello emerso nella riunione del gruppo al Senato, prima del discorso di Monti. «Stiamo attenti che ci mettono un attimo a farci sparire» hanno concordato i senatori del Carroccio. Sono i primi sintomi da «sindrome da isolamento» che comincia a diffondersi nella Lega, al di là dei tuoni e saette contro banche e poteri forti. Si teme che, superata l’euforia iniziale del passaggio a forza d’opposizione, la Lega si possa trovare sola soletta in Parlamento, unica esclusa da una super-maggioranza che va dall’Idv al Pdl. E lì non passerebbe più uno spillo delle proposte leghiste, facilissime da affossare avendo il 95 per cento di Camera e Senato contro.

L’idea del capo è di trovare un equilibrio. Fare casino il giusto, per accreditarsi come unico partito che difende il popolo. Ma all’occorrenza dialogare, senza mai rompere. Il pensiero è soprattutto agli ultimi decreti del federalismo, che da sola la Lega non potrebbe mai far approvare. Un’apertura confortante è arrivata dal premier Monti («Il governo seguirà da vicino il processo di attuazione del federalismo fiscale»), conferma che ha ragione Bossi a consigliare prudenza. In compenso i colonnelli sono scatenati, non vedevano l’ora di tornare ai vecchi tempi, senza più l’imbarazzo di parlare da Lega di governo e magari difendere il bunga bunga. E infatti nel giro di una settimana sono tornati tutti in tv, da Maroni (a Ballarò), a Calderoli (dalla Annunziata) a Castelli (Porta a Porta). E con toni belli battaglieri. Il bergamasco dice che Monti promette lacrime e toglie pure i fazzoletti, Castelli saluta «la fine della Seconda repubblica», Maroni vede «un colpo» per far fuori Berlusconi (ma nello stesso tempo prefigura separazioni col Pdl).

Già, l’asse col Pdl, una delle tante incognite della Lega. All’opposizione sarà anche «bello» (Bossi dixit), ma si vince in coalizione. Tutto dipenderà dal tipo di appoggio che i berlusconiani daranno a Monti. Altra domanda, di cui sta discutendo il Carroccio, è cosa succederà con le sue presidenze di commissione. La Lega ne ha sei in tutto (quattro a Montecitorio, tra cui quella Bilancio, e due al Senato). Dovrà lasciarle, come partito d’opposizione? I leghisti si dicono pronti a mollare (se lo chiede Bossi). Ma a quel punto - ricordano i leghisti - spetterebbero alla Lega gli organi destinati all’opposizione, Vigilanza Rai e il Copasir, dove già si danno in corsa Calderoli per il posto di Zavoli e Maroni o Reguzzoni per il Comitato sui servizi segreti.

Insomma il Carroccio ha parecchie certezze (Monti fa «macelleria sociale, istituzionale e politica»), ma anche molti dubbi.

No alla fiducia al governo, voto scontato al Senato da unica opposizione. Mestiere più semplice, ma da lì non si comanda. E un partito che degli ultimi dieci anni ne ha passati otto al governo, non è più abituato a essere minoranza.

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