da Milano
«Ma dovevate scegliere proprio una piazza con Garibaldi? Ha portato male al Nord...». Umberto Bossi arriva in largo Cairoli per la chiusura della campagna elettorale, guarda in su, ride e si lamenta di dover parlare proprio sotto la statua delleroe dei due mondi. Poi si lancia in un comizio a dir poco colorito: «Milano, Venezia e Torino, le grandi capitali, ne hanno piene le palle di dipendere dal centralismo romano». Accusa il governo Prodi di aver portato il Paese alla fame, tanto da far aumentare i furti di beni alimentari nei grandi magazzini: «Non ci sono voti per questi farabutti che hanno costretto gli anziani a rubare pane, latte e fettine di carne per mangiare». Invita la piazza a stringersi in un coro che non è proprio quello del Nabucco: «Veltroni, fuori dai c...».
Torna sulla mobilitazione antiromana: «In Padania ci sono trenta milioni di uomini disposti a battersi per la libertà e la democrazia». Il messaggio non potrebbe essere più chiaro, il Senatùr lo traduce in un progetto politico e spiega di aver voglia di entrare al governo: «Se sarò ministro delle Riforme, per prima cosa farò il federalismo. Così il sindaco Moratti e tutti i nostri sindaci non dovranno più andare a Roma da schiavi e straccioni, a chiedere lelemosina con il cappello in mano». Roberto Calderoli, in unintervista a Radio Padania, formalizza la richiesta al Pdl: «Siamo convinti che sarà un governo di legislatura e che Bossi sarà ministro delle Riforme». Lui, il leader della Lega, promette scintille dal governo: «Vi farò un grande regalo, andrete a letto contenti».
Negli ultimi giorni sono in molti ad attaccare il Pdl e Silvio Berlusconi usando largomento della forza della Lega, ritenuta in ascesa. E Bossi risponde a Pier Ferdinando Casini, che prevede unItalia «guidata da Bossi» e un governo in cui la golden share, le azioni di comando, sono in mano ai lumbard. La sua è una dichiarazione di amicizia e fedeltà al Cavaliere: «Magari lItalia guidata dalla Lega! Ma per me Silvio Berlusconi è un amico, non lo metterei mai in trappola». Un rapporto che non sembra essersi incrinato nemmeno dopo lo scambio di opinioni su Bossi ministro. Il leader della Lega ne è convinto: «Mi fido di lui. Berlusconi ha sempre mantenuto la parola».
In ballo cè anche la guida della Regione Lombardia. Bossi non ha mai nascosto di ambire a un governatore del suo partito come successore di Roberto Formigoni. Lo ripete: «In qualsiasi modo la Lombardia va a un leghista». Lancia anche il nome del candidato: «Castelli». E spiega di non temere le primarie chieste dal capogruppo di An alla Camera, Ignazio La Russa, che si è detto pronto a candidarsi: «A noi va anche bene, ma sono cose che pensa chi non ha i voti. La gente in Lombardia sostiene chi vuole il federalismo e in Lombardia va un leghista». Una lombarda invece sarebbe pronta a partire dalla Regione per andare a Roma ed è Rosy Mauro: «Le donne non sono inferiori e lei può fare il ministro del Lavoro. Sai che casino scoppia! La partita è aperta».
Ironizza su Romano Prodi e Walter Veltroni, su una campagna elettorale che a lui è sembrata facilissima: «Giocavamo senza avversario». Il presidente del Consiglio scalzato dai suoi è il «formaggiat di Reggio che non vuole il federalismo», colui che da leader del Pd punta a sostituirlo è accusato di voler rubare le insegne leghiste: «Veltroni ha girato con un pullman verde. Diceva: magari mi prendono per padano...». Ai leghisti che lo stanno ad ascoltare sotto la pioggia regala un elogio del cielo grigio: «Il sole secca.
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