La Bri all'Italia: debito pubblico ancora elevato

Non è roseo il quadro che la Banca dei Regolamenti Internazionali dipinge dell’Italia nella sua relazione annuale: il debito che rimane elevato da un lato e il peggioramento della competitività dall’altro

La Bri all'Italia: debito pubblico ancora elevato

Basilea - Il debito che rimane elevato da un lato e il peggioramento della competitività dall’altro. Non è roseo il quadro che la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) dipinge dell’Italia nella sua relazione annuale. "In Grecia e Italia il rapporto debito pubblico/pil si situava intorno al 100% a fine 2007 e dovrebbe mantenersi elevato in futuro", si legge nella relazione, che sottolinea poi come in alcuni paesi dell’area dell’euro "ad esempio Italia e Spagna la competitività è peggiorata".

Indice puntato contro l'Italia Grecia e Italia secondo la Bri, rientrano fra quei Paesi che hanno limitati margini di manovra per mettere in campo una politica di bilancio espansiva, al contrario di altri più "virtuosi". "Nell’area dell’euro - si legge nella relazione - i disavanzi ridotti o i persistenti avanzi in Austria, Germania e Spagna, nonchè il calo previsto dei rapporti debito/pil potrebbero ampliare il margine di manovra delle autorità di questi paesi per utilizzare la politica di bilancio a sostegno della domanda". Allo stesso tempo, prosegue la Bri, "in quasi tutti i paesi dell’area le passività senza copertura legate alla futura spesa per prestazioni sanitarie e pensionistiche restano ingenti a causa del rapido invecchiamento della popolazione". Sul fronte della produttività, il dollaro debole avvantaggia la crescita degli Stati Uniti ma "esercita forti pressioni competitive sulle economie dell’area dell’euro". E se la forza della moneta unica "riduce l’effetto dell’incremento delle quotazioni petrolifere in dollari, frena anche la domanda esterna di beni prodotti nell’area dell’euro. Le esportazioni dall’area - sottolinea la Bri - hanno nondimeno seguitato ad aumentare a un ritmo prossimo a quello di lungo periodo grazie alla vigorosa domanda nei mercati emergenti". Anche in questo caso, va meglio per alcune nazioni piuttosto che per altre: "La più rapida crescita della produttività nel settore manifatturiero tedesco ha compensato in parte gli effetti di competitività negativi dovuti all’apprezzamento della moneta unica. In altri paesi dell’area (ad esempio, Italia e Spagna) la competitività è invece peggiorata".

Allarme a livello mondiale L’interazione fra la turbolenza nei mercati finanziari, il rallentamento della crescita in termini reali e l’aumento temporaneo dell’inflazione "sembra destinata a provocare un rallentamento mondiale più profondo e durevole di quanto sembrino indicare le opinioni prevalenti». La Bri sottolinea che "anche le forze inflazionistiche, soprattutto nelle economie emergenti, potrebbero dimostrarsi inaspettatamente vigorose e persistenti". Secondo la Banca, la crescente inflazione e il rallentamento della crescita della domanda possono portare a due esiti distinti: un primo, positivo, "se la crescita fosse più lenta quel tanto che basta a mantenere l’inflazione sotto controllo".

Ma, avverte la Bri, "il rallentamento mondiale potrebbe rivelarsi assai più grave e duraturo di quanto necessario a moderare l’inflazione", con il rischio di portare alla deflazione, "un esito evidentemente meno auspicabile", che però, "per quanto improbabile, non può essere escluso del tutto". E' per questo che "l’attuazione di politiche volte a contrastare le debolezze della domanda mondiale potrebbe essere di ausilio, a condizione che le spinte inflazionistiche restino ben contenute".

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