Brutte luci (e qualche ombra) su Caravaggio

La rassegna di Palazzo Reale punta al record di visitatori ma ha anche collezionato qualche critica: come l’illuminazione di alcuni quadri o il problema della sicurezza delle opere

Brutte luci (e qualche ombra) su Caravaggio

Marta Bravi

La più grande mostra su Caravaggio mai realizzata in Italia, il più importante evento milanese dell’anno, il primo grande studio sul movimento dei caravaggeschi a carattere europeo: la mostra «Caravaggio e l’Europa», a Palazzo Reale fino a tutto febbraio, ha giustamente l’ambizioso obbiettivo di puntare al record dei 400mila visitatori. Ma, a poco più del giro di boa (è stata aperta il 15 ottobre) l’importante rassegna ha anche collezionato qualche critica, soprattutto di tipo organizzativo. Qualcuno, soprattutto tra il grande (e meno attento) pubblico, non ha gradito la scelta del titolo, accusandolo d’essere ingannevole perché centrato sulla figura del grande pittore, di cui in realtà sono esposti solo 8 quadri sui 150 della mostra. Così, sono arrivate le delusioni di chi si lamentava «d’aver speso 12 euro di biglietto per vedere “autori minori”». I veri «punti oscuri», è il caso di dirlo, sono però connessi all’allestimento.
Innanzitutto le opere di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, otto tele di grandi dimensioni, sono esposte nelle prime due sale, assolutamente troppo piccole per consentire un’adeguata osservazione da lontano, come sarebbe auspicabile. Dato anche il grande afflusso di pubblico. Difetti si riscontrano anche nel tipo di illuminazione che al visitatore appare inadeguata. «I proprietari dei quadri, collezionisti e musei, avevano fortemente suggerito un’illuminazione dal basso - spiega una delle sorveglianti, di fronte alle perplessità - e non dall’alto come questa. Ma a quel punto i cavi dei faretti sarebbero stati pericolosamente per terra. La legge 626 infatti vieta che ci siano cavi liberi in spazi affollati, quindi si è ripiegato sui faretti già esistenti appesi al soffitto».
Proseguendo per le altre sale - senza che sia indicato o suggerito un percorso - l’illuminazione cambia completamente: faretti sparati negli occhi dei visitatori e sui quadri creano un fastidioso effetto di riflessi che finisce per rendere paradossalmente invisibile parte delle opere. Non solo, nelle ultime sale il tipo di illuminazione cambia nuovamente, le luci diventano più soffuse illuminando solo le tele, come per i quadri di Caravaggio.
C’è poi l’aspetto sicurezza. E qui si nota la totale assenza di protezione per le opere: ci sono sì le classiche cordicelle che dovrebbero tenere lontano il visitatore, ma ciò non vale per tutti i quadri. Le finte protezioni, infatti, sono messe comunque così vicino alle tele che è possibile toccarle assolutamente indisturbati. Ed è facile immaginare cosa potrebbe fare un malintenzionato. Non c’è allarme. Se si allunga una mano non succede nulla, solo un’occhiata scocciata del custode. E pensare che si tratta di prestiti internazionali e di opere di valore inestimabile.
Le targhette che indicano il titolo e autore del dipinto, ma non la data, sono scritte in italiano e in inglese, mentre i pannelli esplicativi, fondamentali per comprendere e apprezzare la mostra, presentano invece testi solo in italiano. Lascia perplessi anche il numero, insufficiente, di questi pannelli e la loro collocazione: sono quasi nascosti o appesi in luoghi molto poco visibili, come nei vani dei muri e delle porte.


Inoltre le spiegazioni fornite sono di carattere storico, mancano, invece, sintesi critiche dei quadri, delle scelte espositive (quali sono i criteri che permettono di ascrivere un pittore nella scuola dei caravaggeschi, per esempio), aspetto che dovrebbe essere più rilevante data la complessità dell’esposizione e il pubblico cui si rivolge.
Per non dire di un faretto fulminato (sala 8), moquette arricciata o strappata in alcuni punti, e pareti vistosamente dipinte male. Un vero peccato.

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