Bufera in Toscana: il vicesindaco Pd "regala" alla figlia la biblioteca

Massimo Mandò ospita in casa propria l'associazione culturale della figlia. Poi la giunta comunale le assegna la gestione della biblioteca del paese

Bufera in Toscana: il vicesindaco Pd 
"regala" alla figlia la biblioteca

È la politica fatta in casa. In un perimetro ristretto in cui le stesse persone recitano tutte le parti in commedia. Siamo in Valdarno, zona rosso doc più del Chianti dove il muro non è ancora caduto e il centrodestra è da sempre minoranza. A Pian di Sco’ (Arezzo) la giunta è a trazione Pd-Italia dei valori. Dunque il copione è sempre lo stesso. E fin qui niente da dire. Ma il cannocchiale di un coraggioso esponente dell’opposizione, il leghista Costantino Ciari, nota qualcosa che proprio non gli va giù.
Accade tutto in fretta. Terribilmente in fretta. Il 12 febbraio 2010 in casa del vicesindaco Massimo Mandò, Pd, nasce l’associazione culturale Frontiere aperte. La sede legale è l’abitazione del vicesindaco, la segretaria di Frontiere aperte è sua figlia, Sara Mandò. Siamo in un piccolo labirinto, un ambiente quasi claustrofobico.
Ma quale è lo scopo del sodalizio? Lo si può forse capire tredici giorni dopo, il 25 febbraio, quando la giunta guidata dal sindaco Nazareno Betti, Pd pure lui, assegna proprio a Frontiere aperte la gestione della biblioteca comunale Ilaria Alpi. L’Ilaria Alpi è un po’ un punto di riferimento, come spesso capita nei piccoli paesi. Dentro si trovano libri, riviste, giornali, computer.
Improvvisamente la giunta, il cui numero due è proprio Mandò, scopre l’importanza dei libri e catapulta Frontiere aperte alla guida dell’Ilaria Alpi. I tempi sono da brivido: la neonata associazione viene letteralmente strappata dalla culla e posta alla guida della biblioteca con una delibera più veloce di un fulmine. Addirittura, il progetto è stato presentato sei ore prima della delibera. Un record e la dimostrazione che la macchina amministrativa, quando vuole, può fare a pezzi le liturgie della burocrazia. Piccoli dettagli: al momento del voto, naturalmente, anche Mandò alza la mano. La delibera passa all’unanimità. Il costo? Dodicimila euro per tenere aperta la biblioteca al pomeriggio, più il sabato mattina.
Certo, Pian di Sco’ è un paese piccolo, ha seimila abitanti, e tutti si conoscono. A maggior ragione gli esponenti della maggioranza, tutta casa e bottega. Ma questa volta non si è esagerato? Mandò non avrebbe fatto meglio ad allontanarsi dall’aula al momento della scelta? E non c’è stata la violazione di qualche regola, oltre ad una caduta di stile? Ancora, non risulta esserci stata alcuna forma di pubblicità o di comunicazione alle molte associazioni no profit della zona, nei giorni precedenti: una trentina a scorrere il sito della Pro Loco.
Più in generale, quel che sconforta è l’idea che la gestione della cosa pubblica in tanti piccoli paesi assomigli a quella di un condominio o di una villetta a schiera. Le stesse persone si occupano di tutto e col telecomando del piccolo potere di cui dispongono sintonizzano i servizi della collettività sui propri desiderata. Ciari, che è stato candidato sindaco alle ultime comunali ed è arrivato al 36 per cento dei consensi, un record per quella piccola Bulgaria che è il Valdarno, non si arrende: «Ho preparato un esposto in cui ipotizzo l’abuso d’ufficio, presto invierò le carte in Procura. Dobbiamo partire dalle piccole cose e dobbiamo mandare una segnale preciso ai cittadini.

La politica non può rimanere, a Roma come in periferia, un gioco di palazzo. E noi che stiamo all’opposizione abbiamo il dovere di combattere contro un sistema radicato da decenni. Un monopolio che trasforma i cittadini in sudditi e comparse di decisioni prese sopra le loro teste».

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