Il buonismo della sinistra perde colpi

Il buonismo della sinistra perde colpi

C’è un certo fermento dentro la sinistra. C’è chi si interroga, chi si preoccupa, chi addirittura si allarma. Fra quelli che si interrogano, c’è La Stampa, che riferendosi a discorsi di esponenti di sinistra soprattutto su temi che riguardano la sicurezza delle nostre città, pubblica un fondo di Federico Geremicca sotto il titolo: «Sicurezza, a sinistra cade un tabù», che nascerebbe di lontano, dal terzomondismo, da un buonismo che non tiene conto della realtà che viviamo. C’è però chi si allarma. È Liberazione il giornale del Prc sul quale Cesare Salvi, uscito dai Ds per scampare al Pd, accusa certi amministratori di sinistra di cadere «in una deriva sarkoziana» nella quale «certa sinistra che insegue la destra e il totem della sicurezza, arriva al razzismo». Parole grosse, come si vede.
Non a caso, si cita Sarkozy. Perché il dibattito è aperto da una lettera a Repubblica nella quale un uomo che si definisce «di sinistra» si chiede se gli spettacoli ai quali deve assistere, il disordine, il lassismo e peggio, non stiano per fare di lui un uomo di destra, addirittura «un razzista». Da una lettera un po’ ironica, un po’ maliziosa, nasce un dibattito coi fiocchi nel quale se ne sono dette, e lette, di tutti i colori, tirando in ballo immigrati che spacciano droga e vecchiette borseggiate dai rom. L’accenno ai casi francesi spinge un lettore napoletano a fare uso di un umorismo freddo per il quale a lui, «conosciuto Bassolino», quel Sarkozy andrebbe benissimo.
La polemica di Salvi è diretta contro certi amministratori che non riescono a uscire da un orticello limitato alla loro funzione. Nel mirino, c’è forse il presidente Ds della Provincia di Milano Penati, il quale cerca di spiegare ai suoi che «non è da banalizzare la paura del cittadino che difende l’abitazione di periferia dal campo nomadi», non sarà chic, ma riguarda «l’investimento di una vita». Segue il sindaco Chiamparino, intervenuto per spiegare come lui, anti-proibizionista da sempre, non può più sopportare che strade e quartieri di Torino siano nelle mani dei pusher, i quali spacciano la droga ai tossici che magari, per procurarsela, rapinano, scippano e peggio. E dunque, non si può far finta di niente, la droga va combattuta, e non solo lo spaccio ma anche il consumo.
Ce n’è abbastanza per rovinare la vita alla ministra Turco, e ai radicali che da decenni fanno del libero spinello una battaglia di civiltà. La Turco, è indignata, e però non cambia idea, perché «la repressione, per la droga, non funziona», meglio la modica quantità. Purtroppo, si è verificato, alle porte di Torino, il caso del pullman che, guidato da un autista che aveva fatto uso di spinello, si è rovesciato procurando la morte di due bambini. Perfidamente, l’umorista Robin del giornale Europa ne conclude che «da oggi sarà più difficile dire che per una canna non è mai morto nessuno». Non si fa uso del fioretto, come si vede.
E a rovinare l’umore di una sinistra che, come dice La Stampa vede cadere i suoi tabù, altre polemiche seguono. Una, ferale, la apre la Bindi, convocando una conferenza sulla famiglia ed escludendone l’Arci-gay, un sodalizio che a suo giudizio può parlare di interessi, ma uti singuli, la famiglia non c’entra. Due ministri, il Prc Ferrero e la radicale Bonino lanciano il boicottaggio, la Bindi non ci perde il sonno. E infine siamo arrivati agli appuntamenti di ieri, il Family day e l’orgoglio laico, con la sinistra divisa, chi a Piazza San Giovanni, chi a Piazza Navona, chi al mare. Finisce in una lite fra Rutelli, che sarebbe andato volentieri a San Giovanni e D’Alema a dargli sulla voce, ma come ti viene in mente.

Non è casuale che i due sono nello stesso governo, del quale sono ambedue vice-premier, e hanno anche deciso di fondersi nello stesso partito. Insomma, una settimana difficile, e un po’ destabilizzante per la sinistra. C’è chi osserva, chi si allarma, e c’è chi spera.
a.gismondi@tin.it

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