Lode al ministro Renato Brunetta, il quale ha dichiarato guerra ai costi della pubblica amministrazione. Li chiamano «oneri amministrativi» in burocratese, questa orripilante lingua post-moderna inventata apposta per evitare che la gente capisca come funzionano davvero le cose nello Stato: perché nell’ignoranza si vive sereni e convinti che tutto va ben, madama la marchesa.
Invece Brunetta ha deciso di aprirci gli occhi. Ha messo in piedi una task-force che in pochi mesi ha fatto quattro conti. E ha scoperto che ogni anno quei famosi oneri costano la bellezza di 16 miliardi e rotti di euro alle piccole e medie imprese italiane, cioè al 95 per cento del nostro sistema produttivo.
In lire farebbero trentamila miliardi, cifre fantascientifiche che si materializzavano soltanto quando i governi preparavano le leggi finanziarie. Con questa somma non si produce nulla: essa evapora in moduli da compilare, documentazioni da stilare, comunicazioni da trasmettere, dati da archiviare, relazioni da inoltrare, etichette da stampare, buste da spedire, valutazioni da esperire, controlli da effettuare.
La relazione di Brunetta al Parlamento è impietosa con la piovra burocratica, questo italico malcostume per il quale lo stato pretende di sapere tutto di tutti togliendo il fiato all’iniziativa privata e gonfiando a dismisura i controlli, dato che non si fida nemmeno di se stesso. Ogni anno le aziende spendono un miliardo 409 milioni e mezzo di euro per la prevenzione degli incendi. Quanti estintori vengono acquistati con quei soldi? Zero. Quante scale antincendio? Zero. E porte tagliafuoco? Altrettante.
Invece il denaro serve per richiedere o rinnovare pareri di conformità, ottenere certificati, redigere registri, pagare gli impiegati appositamente assunti. E se un imprenditore è troppo piccolo per sopportare questa montagna di adempimenti, deve spendere altri soldi per chiedere l’esenzione, anzi per «presentare istanza di deroga».
L’«area privacy», per usare la catalogazione della Funzione pubblica, costa alle aziende due miliardi 190 milioni di euro. Questa novità della riservatezza, fatta di notifiche, firme, raccolta e trasmissione di dati, è legittima quanto avida. E l’«area ambiente»? I due miliardi di euro che se ne vanno in autorizzazioni, formulari, comunicazioni, registri, albi, non fanno altro che moltiplicare le cataste di carte e cartacce. Con tanti saluti alle foreste tagliate e alle discariche riempite. Ma l’ecologia ci guadagna comunque: prima ancora di iniziare l’attività, e quindi di guadagnare un solo euro, i nuovi imprenditori ne devono sborsare 600 milioni per mettersi in regola con gli obblighi ambientali.
Chi ha la passione per questo tipo di numeri, e non teme che gli venga un travaso di bile, troverà tutto sul sito internet della Funzione pubblica. Gli altri comincino a consolarsi con i primi tagli decisi dal governo, quattro miliardi di euro. Tenere i libri paga, per esempio, costa sei miliardi. Una follia. Ma provate voi a spendere meno quando la procedura impone dieci passaggi tra comunicazioni agli uffici del lavoro, tenuta di libri originali e copie conformi, vidimazioni e dichiarazioni di conformità, duplicazioni, annotazioni giornaliere e mensili, archiviazione per 10 anni. Brunetta ha deciso di eliminare il libro copia e le annotazioni giornaliere, e di dimezzare i tempi di archiviazione. Oplà, da sei miliardi annui la spesa scenderà a 2,6.
È un inizio, la promessa è che altri tagli seguiranno.
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