Da Bush 200 milioni di dollari per dare da mangiare all’Africa

George W. Bush mette mano al portafoglio, la Francia rilancia la ricetta del neoprotezionismo e dei sussidi. Mentre i prezzi degli alimentari schizzano alle stelle e la fame assedia i Paesi in via di sviluppo, Washington e Parigi imboccano strade divergenti. Il presidente americano risponde all’appello della Banca Mondiale sbloccando 200 milioni di dollari e mettendoli a disposizione dell’Africa e degli altri Paesi sull’orlo della crisi. I ministri dell’agricoltura europea, riuniti lunedì a Lussemburgo, si dividono sulle ricette del collega francese Michel Barnier, paladino di barriere doganali e sussidi.
«Questi aiuti aggiuntivi - spiegava ieri la portavoce della Casa Bianca Dana Perino illustrando la decisione del presidente statunitense di stanziare ingenti aiuti - permetteranno di far fronte all’impatto che il rialzo dei prezzi sta avendo sui programmi alimentari di emergenza e serviranno a far fronte ai bisogni imprevisti dell’Africa e di altri Paesi».
L’amministrazione Bush risponde immediatamente, dunque, all’allarme lanciato lunedì scorso dalla Banca Mondiale durante le riunioni a Washington dell’istituto e del Fondo monetario internazionale. Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, aveva ricordato che il raddoppio dei prezzi del cibo negli ultimi due anni spinge cento milioni di persone verso la povertà senza ritorno. «Dobbiamo convogliare il nostro denaro là dove sono quelle bocche, dobbiamo riuscire a mettere del cibo in bocca agli affamati, sarà anche cruda, ma è la realtà. Dobbiamo farlo se non vogliamo che le future generazioni paghino il prezzo di questa situazione», aveva detto Zoellick evidenziando la drammaticità e l’urgenza della situazione.
La Perino sottolineava ieri la preoccupazione di Bush per la crisi alimentare abbattutasi sulle regioni più povere del mondo. «Il presidente - spiegava la portavoce - ritiene che i Paesi industrializzati abbiano la responsabilità di aiutare chi ha bisogno di aiuto». Gli Stati Uniti, oltre a distribuire i più ingenti contributi contro la fame nel mondo, hanno erogato lo scorso anno aiuti alimentari per un valore superiore ai 2,1 miliardi di dollari, a favore di decine di milioni di persone.
Il vertice dei ministri europei dell’agricoltura - riunito lunedì a Lussemburgo per affrontare l’emergenza alimentare - ha per ora soltanto scavato nuove divisioni in seno al vecchio continente. Dopo quel vertice il tricolore francese è il capofila dei Paesi pronti a battersi per la difesa delle politiche protezionistiche e di sussistenza alle agricolture nazionali. L’Union Jack di Sua maestà britannica guida invece la marcia verso la piena attuazione delle politiche liberiste in campo agricolo sostenute dalla Gran Bretagna e da altri Paesi nordici. A varare il «neoprotezionismo» ci pensa il ministro dell’agricoltura Michel Barnier, chiedendo all’Unione un piano di sicurezza alimentare e la fine dei tagli degli stanziamenti europei per l’agricoltura. Per venire incontro all’Organizzazione per il commercio mondiale (Wto) che pretende proprio l’eliminazione dei sussidi, Barnier propone la distribuzione di fondi e finanziamenti ai Paesi in difficoltà. «Una questione vitale come quella alimentare non può restare in balia del mercato e delle speculazioni internazionali», sostiene Barnier sparando a zero su «liberalismo ed eccesso di fiducia nel libero mercato».

Il principale avversario del neo protezionismo francese è però il Commissario europeo per l’Agricoltura Marian Fischer Boel, deciso a far piazza pulita di sussidi e regole protezioniste. «La nostra politica - ha annunciato il Commissario - è liberare completamente la produzione».

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