Conosco una persona molto tecnologica, ma molto molto. Una persona a cui i telefoni in tasca non mancano mai: sia quelli appartenenti alla specie in via d’estinzione dei cellulari solo cellulari; sia quelli riconducibili alla gravida specie dei palmari e smartphone che dir si voglia. Una persona che usa con cura aipad, irider, schedesim, wuaifai e via dicendo. Un giorno, spiegandomi il perché e il percome degli abbonamenti internet-mobile, questa tecnopersona mi ha detto che «sì, se pensi di fare tot telefonate pari a tot minuti ti conviene questo o quello o quest’altro e per capirlo basta che vai nel menù X, sotto menù Y, vedi come sto facendo io? Quindi flaggy, quindi taggy, quindi evidenzi ed ecco che ti vengono date le ore di telefonate effettuate ed ecco che...». Ed ecco che all’improvviso è calato un silenzio tombale. La tecnopersona aveva appena scoperto di aver trascorso, da gennaio ad oggi, qualcosa come oltre tre giorni attaccata al telefonino. «Ma sono almeno quindici giorni in un anno» ha detto. «Fatti tuoi» ho detto.
Conosco un’altra tecnopersona che dopo avermi decantato per un paio di anni tutto il bene di facebook e dei social mi ha preso da parte e rivelato: «Credo di aver buttato via un discreto quantitativo di tempo nel raccontare i fatti miei. Cioè, mi sono anche divertita, però adesso sono un filino preoccupata: devo presentare un paio di curricula e ho saputo che le direzioni del personale vanno sempre più spesso a controllare se hai scritto sciocchezze». «E di cosa ti preoccupi?» ho detto «non mi pare che tu abbia mai scritto stupidate». «Sì, però...» ha detto, e in quel «però» c’era tutta la sua inquietudine social.
Conosco una tecnopersona che mostrandomi l’ultimo elegante palmare è rimasta ipnotizzata davanti alla barra blu sul display che si riempiva indicando il caricamento della pagina. «Ehilà, che succede?» ho domandato per scuoterla. «È che mi capita sempre più spesso» ha risposto «di pensare a quanto tempo passo davanti agli schermi di pc e tablet in attesa che la barra si riempia e possa aprire le pagine».
Conosco uno che vive vintage e ha deciso di provare a capire se twitter sia uno
strumento di lavoro o una perdita di tempo. In attesa di risposta, trascura l’ultimo fumetto di «Zagor» firmato Guido Nolitta e Gallieno Ferri. Non gli era mai successo. Colpa di una barra blu che lo distrae.twitter:@bennycasadei