C’è Wimbledon. Sarà anche il nostro prato?

Sabina Simmonds oggi ha 51 anni, insegna tennis e forse nessuno se la ricorda più tanto. È un’italiana nata a Londra da papà polacco, ma di racchetta interamente azzurra. Giocava negli Anni ’80 e appunto di lei si sono perse un po’ le tracce, persino negli annuari ufficiali, in realtà, visto che per qualcuno lei non ha mai vinto niente. E invece no. Almeno così (giustamente) ritiene Sabina, che nel 1982 a Bakersfield, nei pressi di Los Angeles, battè in finale l’americana Lea Antonopolis in una delle tappe allora chiamate Avon Series. E questo è il punto: la Wta, il circuito moderno delle tenniste, ha stabilito che quello non fosse un torneo ufficiale (gli Avon erano divisi tra Future e Championship e Bakersfield era del primo tipo), la Simmonds - ma anche altre fonti - invece sì. «All’epoca non c’erano tanti tornei come oggi - ha raccontato recentemente al sito Ubitennis.com che l’ha rintracciata a Sanremo -. Per giocare nei primi tornei dell’anno bisognava per forza andare negli Stati Uniti. Io sento di aver vinto un torneo Wta: quella settimana si giocava solo a Kansas City e Bakersfield. Non c’erano tornei né di livello superiore né inferiore. E dunque è una vittoria ufficiale».
La questione non è (tennisticamente) di poco conto, perché ieri - proprio alla vigilia di Wimbledon - Roberta Vinci ha dimostrato che non esiste solo la Schiavone vincendo il torneo di s-Hertogenbosch (proprio così) in Olanda, per quello che sarebbe - senza la Simmonds - il successo numero 50 delle tenniste italiane. Siccome però la Vinci aveva vinto anche il precedente torneo, a lei il conto poco importa: il cinquantesimo è di sicuro suo. Ed è grazie a lei che oggi il tennis italiano sembra essere in erba.
Questo - e la superficie non è un particolare trascurabile - perché perfino gli uomini hanno battuto un colpo: Andreas Seppi si è aggiudicato il torneo a Eastbourne contro Tipsarevic (ritiratosi sul 3-5 nel terzo set) ed è un bel colpo, sia perché si tratta del primo titolo Atp per il ragazzo di Caldaro, sia perché erano 5 anni che un italiano non vinceva nel circuito. E sebbene il suo torneo e quello della Vinci non fossero pieni di big, la notizia è di sicuro da segnare con un punto esclamativo. Lo ha detto proprio Roberta, al quinto titolo Wta - primo però sull’erba - dopo aver battuto la resuscitata Jelena Dokic: «È stata una settimana fantastica perché questa superficie fa per me. Sono pronta per Wimbledon». Anche perché la Vinci - a differenza della sua antenata Simmonds - è una giocatrice serve and volley e dunque pienamente adatta ai giardini britannici.
Così come può essere adatto il gioco di Andreas Seppi, uno che a rete ci va molto poco ma che ha dei colpi che affettano la pallina nel modo giusto. Eterna promessa un po’ persa negli ultimi tempi, Andreas si è risvegliato al momento adatto e dopo i quarti raggiunti da Fognini a Parigi sembra quasi che - alla vigilia dell’estate - sia sbocciata una nuova primavera per il nostro tennis maschile. Wimbledon, insomma, questa volta sarà anche il nostro giardino?
Domani dunque si comincia, con la riedizione al primo turno del match dei record (70-68 al quinto) tra Isner e Mahut che un anno fa infiammò gli inglesi e con Federer che promette battaglia, dopo essere uscito nell’edizione 2010 già ai quarti: «Appena comincio a colpire la palla qui, mi bastano 10 minuti per sentirmi a mio agio sull’erba».

Basterà? Chiedere a Nadal e Djokovic, quest’ultimo protagonista di un simpatico siparietto con la collega e amica (davvero solo amica) Caroline Wozniacki, intrufolatasi di soppiatto alla conferenza stampa della vigilia per trasformarsi giornalista. E soprattutto chiedere al meteorologo: su Londra è prevista pioggia ed è probabile che per la prima giornata si parta con il tetto chiuso sul centrale. Ai tempi della Simmonds sarebbe stato praticamente un sacrilegio.

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