Caccia agli aiuti di Stato: ora l’Anpi arruola i giovani

Creano siti Internet meglio di Bill Gates. Gestiscono ristoranti, organizzano feste, hanno scuole di tennis, nuoto, break dance e anche reiki. Eppure i calendari dicono che il più giovane l’ottantina dovrebbe averla già superata. Sono i partigiani in servizio permanente effettivo. Gli immortali dell’Anpi. Quelli che nel 2006 erano in oltre 98mila ad avere la tessera dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia. Sarà stata pure una cosa pericolosa, la guerra di Liberazione, ma certo mantiene giovani, è un’assicurazione sulla vita.
A meno che non ci si tolga lo sfizio di andare a vedere chi è l’iscritto medio. Il partigiano eroico che i nazisti li ha cacciati davvero? No, lui al massimo fa il presidente onorario della sezione. Il segretario, quello che fa tutto, di solito non supera la quarantina. La guerra l’ha fatta coi racconti del papà, la Resistenza sui libri di scuola, Bella Ciao l’ha cantata la prima volta allo stadio con il coretto «e chi non salta...». Però, pur non avendo fatto la Resistenza, accetta «di riconoscersi nei valori fondanti dell’Anpi». È così, anche ufficialmente, dal 26 febbraio 2006, dal 14° congresso di Chianciano. Da quando cioè è stato modificato lo statuto per «legittimare apertamente le iscrizioni degli antifascisti», che erano già una consuetudine. L’Anpi andava a esaurimento. Ma chiudere poteva significare perdere contributi, voti, sedi a prezzo politico, attività economiche fiorenti. Oltre che, certo, un brutto colpo ai valori della Resistenza. E non è un caso se dalla relazione a Chianciano dell’allora vicepresidente vicario Tino Casali è partito l’ordine di fare proselitismo. Il 20 marzo scorso, al congresso provinciale di Milano, il vicepresidente Antonio Pizzinato annunciava gli 9.851 iscritti per il 2006, 255 in più dell’anno precedente, ma lamentava che il tesseramento 2007 procede a rilento, solo 8.929 iscritti e 9 sezioni chiuse su 111 per mancanza del numero minimo. E così il segretario del Lazio, Ernesto Nassi, salutava la novità statutaria «perché ha stabilito un futuro di continuità ideale nei valori della guerra di Liberazione». Annunciando intanto di avere raggiunto i 1.300 iscritti e di puntare ai 1.500.
Più tessere, più quote. Anche perché dallo Stato qualche giro di vite c’è stato. La Finanziaria 2005 aveva tagliato del 50 per cento i fondi per le celebrazioni: 50 per cento di quanto? Le cifre non escono mai.

L’onorevole Antonio Serena, in un’interrogazione al ministro della Difesa, notava che «in Senato l’allora presidente Anpi Arrigo Boldrini affermò che, trattandosi di “ente morale”, l’Anpi non è obbligata a presentare bilanci». Deve solo fare più iscritti.

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