Cade la città ribelle, diecimila siriani in fuga verso la Turchia

Damasco La città ribelle è stata espugnata, alla fine. Da ieri mattina i combattimenti sono stati continui a Jisr al-Shughur, la città siriana al confine con la Turchia assediata e bombardata da giorni dall’esercito di Damasco. Le truppe governative sono penetrate in città con oltre 200 veicoli, protetti da carri armati ed elicotteri: secondo i testimoni, gli scontri sono molto violenti e la situazione è drammatica, con migliaia di persone in fuga verso il vicino confine turco. Mentre la televisione di Stato sostiene che l’esercito è entrato nella città «per cacciare bande armate» e parla di due insorti uccisi, di molti altri catturati e di armi sequestrate.
La Bbc ha raccolto le voci di alcuni cittadini, che raccontano di case in fiamme e di decine di vittime. Una anziana, intervistata dal quotidiano turco Hurriyet ha detto che «i soldati hanno ucciso tutti i giovani e bruciato le case». «Dio li punisca, Dio punisca Assad» ha aggiunto la donna, intervistata al confine turco.
Il regime di Damasco sostiene di aver lanciato l’offensiva per riportare l’ordine in città dopo l’uccisione di 120 agenti delle forze di sicurezza la settimana scorsa. Versione smentita dai residenti, secondo i quali i 120 agenti sono stati uccisi dai loro commilitoni per essersi rifiutati di sparare sui civili. I loro cadaveri sono stati ritrovati dall’esercito in una fossa comune, secondo la tv del regime. Così la televisione di Damasco descriveva l’operazione di ieri: «Divisioni dell’esercito sono entrate a Jisr al-Shughur e hanno ripulito l’ospedale nazionale da gruppi armati».
Secondo la Bbc, le truppe entrate ieri a Jisr al-Shughur appartengono alla Quarta divisione corazzata, un’unità di élite comandata dal fratello del presidente Assad, Maher. I suoi abitanti in fuga verso la Turchia la descrivono come una città-fantasma. L’offensiva dell’esercito ha causato un nuovo esodo in massa verso la Turchia, che mantiene aperte le frontiere: i profughi oltre il confine sarebbero ormai oltre diecimila, il doppio delle cifre ufficiali.
Un diplomatico occidentale a Damasco ha detto alla Reuters che «la versione del governo è molto improbabile». Testimoni hanno raccontato alla Bbc di spari alla cieca dei soldati e di case date alle fiamme. Jisr al-Shugur è un campo di battaglia ormai dal 3 giugno scorso, quando l’esercito intervenne per reprimere le manifestazioni del venerdì e cominciarono gli scontri.
Di fronte alle ultime violenze, il ministro degli Esteri britannico ha sollecitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu a prendere una posizione chiara sulla Siria, con una risoluzione che condanni la repressione. Analoga condanna dalla Germania, che ha definito «urgente» l’adozione della risoluzione.

Alle nazioni unite è allo studio una bozza presentata dalla Gran Bretagna e sostenuta da Francia, Germania e Portogallo; contrarie Russia e Cina. Anche il governo italiano ha chiesto ieri alla Siria di «cessare ogni violenza e di concedere l’accesso alla Croce rossa per prendersi cura dei feriti, dei prigionieri e dei profughi».

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