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Violenza ultrà, critiche a Cellino, incubo C: che succede al Brescia

Solo 25 i punti per il Brescia che rischia pericolosamente la retrocessione in C e potrebbe addirittura, per la prima volta nella sua storia, diventare la seconda squadra della provincia qualora dalla terza categoria nazionale fosse promossa la Feralpi Salò, prima nel gruppo A

Brescia nel caos tra l'incubo retrocessione e la sfida Cellino-ultrà

Brescia rischia di conoscere il peggior anno calcistico da decenni a questa parte se le Rondinelle non riusciranno a invertire un trend negativo che le vede penultime in Serie B. Venticinque i punti per il Brescia che rischia pericolosamente la retrocessione in C e potrebbe addirittura, per la prima volta nella sua storia, diventare la seconda squadra della provincia qualora dalla terza categoria nazionale fosse promossa la Feralpi Salò, prima nel gruppo A.

A Brescia la squadra non appare reagire ai pessimi risultati, nessuna guida tecnica riesce a consolidarsi, la società tergiversa e gli ultrà mugugnano arrivando a picchi inaccetabili di minacce. Gli attacchi a Massimo Cellino, minacciato da ultrà armati di cinghie nella giornata di mercoledì fuori dal centro sportivo di Torbole Casaglia, si sono intensificati dopo l'esonero-shock della bandiera Davide Possanzini dal ruolo di allenatore. Possanzini avrebbe subito nella recente partita di Benevento un'intromissione nello spogliatoio durante l'intervallo "voler giocare come De Zerbi, partendo da dietro e palleggiando mentre questa squadra ha bisogno di lanci lunghi per Ayè", punta rocciosa e tra i pochi a salvarsi nella stagione finora disastrosa del Brescia. Il Brescia ha perso 1-0 contro una diretta concorrente nella lotta per non retrocedere, incassando la sesta sconfitta di fila (1 gol fatto e 11 subiti da inizio anno). Le Rondinelle hanno perso 9 e pareggiato 2 delle ultime 11 partite dopo il 2-0 alla Spal di novembre.

Quattro, sino ad ora, i cambi di allenatore: Pep Clotet ha guidato la squadra nelle prime diciotto partite e tra la ventunesima e la ventitreesima, interrotta dal breve periodo di Alfredo Aglietti. Esonerato lo spagnolo, la palla è passata a Possanzini, ora sostituito da un'altra ex Rondinella, Daniele Gastaldello, vice di quattro allenatori da inizio stagione a oggi. A lui il tentativo di salvare il Brescia dal declassamento da qui a maggio: dodici partite che saranno come uno Zoncolan da scalare. Il tutto con una squadra che a gennaio ha perso due pedine di peso come il fantasista libico Ahmad Benali, passato al Bari, e la punta Stefano Moreo, andato al Pisa. Prove tecniche di smobilitazione in vista di una retrocessione? Così l'hanno vista gli ultrà che si sono abbandonati a contestazioni durissime contro la società.

Chiaramente la guida tecnica incerta non è all'altezza di una piazza come Brescia e davvero pochi giocatori sono finora all'altezza del prestigio di una protagonista del calcio di provincia italiano: tra questi, il citato attaccante francese Florian Aye, il centrocampista albanese Emanuele Ndoj e il centrale Andrea Cistana. A sua volta la società da tempo appare assente e sconnessa, tra promesse non mantenute di un nuovo stadio e scarso radicamento territoriale. Ma nulla giustifica la follia dei teppisti che hanno, di fatto, isolato la curva dal sostegno al Brescia Calcio minacciando Cellino. Una macchia grave sull'immagine della città nell'anno in cui Brescia è capitale italiana della cultura e dunque sottoposta a un'attenzione particolare.

Il Brescia non retrocede in C dal 1981-1982, anno in cui arrivò diciottesimo in Serie B. E a cui seguirono tre anni di purgatorio, con tre campionati di C1 conclusi rispettivamente all'undicesimo posto con una sofferta salvezza, al quinto posto e, infine, con la vittoria nel campionato 1984-1985. Una retrocessione oggi avrebbe durissime conseguenze sull'immagine del club e la tenuta societaria di un club di grande lignaggio oggi intento a vivere una delle fasi più buie della sua storia sportiva.

Intenta a aggravarsi settimana dopo settimana.

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