Milano - Potevamo concederci una Pasqua biologica, senza additivi tossici e senza polpette avvelenate? Certo che no: messi come siamo, correremmo il rischio della crisi d’astinenza. Tutti i giorni la nostra dose, festività comprese. Per la ricorrenza di domani, dose potentissima: dagli avvocati di Luciano Moggi, ecco le Inter-cettazioni che intaccano il mito del calcio pulito, ingenuo e romantico, di più, la vittima e l’agnello sacrificale di tutti gli intrighi e di tutte le porcherie, e come no, proprio lui, il presidente Massimo Moratti. Sembra persino inutile specificare chi ci sia all’altro capo del telefono: i presidenti del nostro calcio scivolano difficilmente su confidenze imbarazzanti o su richieste erotiche, hanno altro per la testa, sette giorni su sette, senza stupide distrazioni, la loro unica pulsione è una relazione intima e particolare con il designatore arbitrale. Fino all’altro ieri si pensava che questa ossessione maniacale fosse esclusiva debolezza di Moggi e della sua loggia massonica, la grande novità di Pasqua è che questi rapporti molto particolari piacciono a tutti, persino all’icona del candore, sua illibatezza Massimo Moratti.
Detto molto francamente: la sconvolgente novità non sconvolge più di tanto. Soltanto i fanatici manichei di Calciopoli potevano credere - o fingere di credere - che tutto il male stesse a Torino e tutto il bene a Milano. Non è così nella vita, non è così nel calcio. Se il vero articolo uno della Costituzione italiana è «Così fan tutti», si può stare certi e tranquilli che anche il calcio l’ha sempre applicato con molto rigore.
Tutti i dirigenti, dal più sgangherato delle squadre di paese al più riverito capitano d’impresa, coltivano il sogno inconfessabile di scegliersi l’arbitro. Eventualmente, di rinnegarlo, scartarlo, eliminarlo. Da questa luminosa tradizione culturale discende la pratica di stare un po’ al telefono con il capo della categoria. Per lamentarsi, per chiedere, per blandire.
Comunque sono telefonate, non sventagliate di mitra. Nelle intercettazioni emerge che Moratti ha un rapporto particolare con Bergamo. Lo stesso numero uno arbitrale dell’epoca ne è orgogliosissimo: «Per confermare questo clima di cordialità, è una cosa che sappiamo solo io e lei...». Il designatore è in fregola per annunciare al presidente la designazione dell’ottimo Gabriele. Stupisce che tante premure - adesso tante seccature per Moratti - siano destinate a una causa non proprio epocale, la partita di Coppa Italia col Bologna. Ma evidentemente «il clima di cordialità» non si misura con l’importanza dell’evento: se c’è, funziona a orario continuato.
Tra i due ci sono poi contatti per vedersi a quattr’occhi. Moratti: «Io ci terrei ad incontrarla». Bergamo: «Anch’io, perché vorrei farle una confidenza…». Questo ed altro, come una visita di Facchetti a Bergamo, nelle telefonate. Ovunque la conferma che tra Moratti e il designatore esiste un rapporto molto stretto. Torna inevitabilmente la domanda di sempre: stretto quanto? Il pucci-pucci non impedisce comunque a Bergamo di essere imparziale, oppure finisce per indurlo a trattamenti di favore?
La materia ovviamente non brilla per novità: sai quante telefonate riceve un designatore. Il vero coefficiente di choc sta in Moratti. Da anni gli italiani sono convinti che per un certo periodo l’impero del male, la Juve, abbia vinto scudetti comprando gli escort del fischietto.
Così recitano anche le sentenze della giustizia sportiva, che solennemente hanno riscritto la storia, sfilando due scudetti all’impero del male per restituirli alle vittime innocenti, cioè Moratti e la sua Inter. Adesso, improvvisamente, le Inter-cettazioni. È come se ad un certo punto ci venissero a dire che va bene, il lupo sarà stato fetente, ma neppure Cappuccetto Rosso era poi così angelica, per dirla tutta era una gran bella infingarda…
Già sembra di udire l’assordante grido di rivincita delle popolazioni juventine, per lungo tempo relegate nel limbo degli eterni penitenti. Molte volte hanno chiesto la restituzione degli scudetti scuciti, figuriamoci adesso. Sentimenti istintivi e incontenibili. Però attenzione: per quanto Inter-essanti, restano Inter-cettazioni. I toni, il contesto, le estrapolazioni, eccetera, eccetera: ormai siamo tutti superesperti, sappiamo che bisogna andarci con molta cautela. Un conto è un rapporto cordiale, un altro è combinare reati. Gli stessi inquirenti dell’inchiesta di Napoli sono molto chiari: «Usare le intercettazioni in questo modo è disinformazione. Possono far passare la vittima per colpevole».
Valga per tutti, ma sul serio: Moratti e l’Inter non meritano immediata ghigliottina, prima ancora di spiegare. Al momento, sembra se mai a rischio solo l’aureola che in tutti questi campionati si sono attribuiti.
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