Roma - Forse, magari, chissà, il Carroccio diserterà la cerimonia di Genova, dove il 5 maggio Giorgio Napolitano darà il via alle celebrazioni solenni dei 150 anni dell’unità d’Italia. «Non so se ci sarà un ministro leghista presente - racconta Roberto Calderoli - non ne ho la minima idea. L’anniversario in sé non ha molto senso, non può essere un totem, e la risposta migliore sarà la realizzazione dell’unità attraverso il federalismo. Non è il momento di alzare le bandiere ma di trovare soluzioni».
Un altro strappo, che provoca la reazione ufficiale del Pd, «parole sconcertanti», e quella del segretario Udc Lorenzo Cesa, «il federalismo sarà secessionista». Problemi in vista forse pure con il Quirinale, ma il Cavaliere può stare tranquillo. Nessun pasticcio, nessun esecutivo tecnico, istituzionale o d’emergenza, avverte il ministro per la Semplificazione legislativa: o Silvio o il voto. «Il governo ha i numeri per andare avanti e fare le riforme, in alternativa ci sono solo le elezioni». E se a guidarlo fosse il filo-leghista Giulio Tremonti? «No, nemmeno lui. L’elettorato ha dato la propria preferenza a Berlusconi, non ad altri. E poi la prima persona contraria a un’ipotesi del genere sarebbe Tremonti stesso».
Certo, ammette Calderoli, dopo l’esplosione del caso-Fini la barca non naviga in acqua calme. «Molti dei suoi problemi - spiega durante la trasmissione In mezz’ora - nascono dal suo perenne ruolo di delfino che non riesce mai a spiccare il volo. Ma, prima, i galloni Gianfranco se li deve guadagnare sul campo, all’interno del Pdl. Fini ha fatto bene a sollevare la questione e a chiedere maggior confronto interno, però sarebbe stato meglio se non avesse fatto attraverso i giornali. Che Berlusconi sia il leader non ci piove, che rifiuti il dialogo lo nego. Noi ci siamo trovati spesso a discutere con lui e tante volte lui è partito da una posizione e poi è arrivato a un’altra. Quindi questa mancanza di democrazia io non la vedo». Chiaramente «Berlusconi ha una leadership forte e Fini ha sbagliato anche perché la peggiore cosa è prenderlo di punta». Assurdo comunque che dietro ci sia un complotto americano, come ha detto Bobo Craxi: «Deve aver mangiato funghi allucinogeni».
Nel braccio di ferro dai due cofondatori del Pdl, il Carroccio «fa da spettatore». Va bene la richiesta di dialogo, però sono cose che si sistemano all’interno. «Noi nella Lega una volta a settimana facciamo il punto tra noi su tutti i provvedimenti, è evidente non che non si può ogni volta fare distinguo sulle scelte. Siamo convinti che il confronto ci sia e c’è anche tra Pdl e Lega, ma nelle sedi competenti».
La spaccatura però si può ridurre. Ci ha provato anche Calderoli, che ha incontrato il presidente della Camera. «Sul federalismo fiscale Fini aveva sollevato alcune perplessità, sono stato da lui e l’ho tranquillizzato sul fatto che non ci sarà nessun rischio per la coesione sociale, che comunque al momento nel Paese non c’è». E comunque «i relatori del provvedimento sono pugliesi, non credo che il Mezzogiorno non sia rappresentato su questa materia».
Quanto alle nomine della Intesa-San Paolo e alla rinuncia di Domenico Siniscalco, «la vicenda è tutta interna alla Compagnia, se la sono cotta e mangiata: un mondo che fa riferimento al centrosinistra». Ma le Fondazioni, aggiunge, «devono avere rapporti sul territorio, per dare un indirizzo che le leghi» alle regioni. Diverse fondazioni stanno per rinnovare i vertici: la Lega ha nomi da proporre? «Intendiamo indicare persone che diano un indirizzo diverso. Oggi le banche sono come supermercati, staccate da territorio e piccole imprese». Per Calderoli il potere degli istituti «oggi è tutto in mano ai poteri forti, Unicredit e Intesa SanPaolo».
Diverso il discorso sul neo-presidente di Bpm, Massimo Ponzellini: «È un
amico, amico di Tremonti, parente di Giancarlo Giorgetti. È competente, simpatico. È un prodiano? Vuol dire che Prodi ci aveva azzeccato. È un interlocutore serio, la sua vicinanza con Tremonti rende le cose più semplici».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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