«Cambiare Fazio non serve Ora intervenga il Parlamento»

Crosetto (Fi): la commissione d’inchiesta riparta dalle vicende Telecom quando al governo c’era D’Alema

Marianna Bartoccelli

da Roma

Per anni è stato, insieme all’allora ministro del Tesoro Giulio Tremonti, il più grande sostenitore della necessità che il governatore Fazio dovesse lasciare la guida di Bankitalia. Oggi, di fronte alla valanga di intercettazioni e di schizzi di fango, Guido Crosetto, deputato torinese, responsabile economico di Forza Italia non ha certo il tono di chi «l’avevo detto io». Anzi. «Fazio deve andarsene? È indifferente. Non è lui il problema. È il sistema bancario italiano che va riformato. Come del resto io e Tremonti sosteniamo da anni».
Non basta quindi cambiare Fazio?
«Ma no! Mi viene da ridere quando sento che il problema centrale sia il mandato a termine del Governatore. Il problema di Bankitalia è che i proprietari sono le banche che deve controllare. Ma non solo: pensi che i dipendenti sono rimasti più di 8mila, quanti erano quando via Nazionale aveva ruoli diversi. Ottime professionalità certamente, che adesso sono impiegate in funzioni decisamente minori di quelle di un tempo. Per farla breve è necessario trasformare Bankitalia in un palazzo di vetro con regole trasparenti, verso cui risparmiatori e mercato possano guardare con fiducia».
Ultimamente questa sembra stia per venir meno, l’inchiesta della magistratura e le intercettazioni pubblicate a valanga non sono certo fatti indifferenti. Le sembra che possa esserci una regia?
«Be’, magistrati che si muovono allo stesso modo, giornali sulla stessa linea... se non c’è un lupo c’è un cane grosso».
Un cane individuabile?
«Non è facile. Una cosa è certa. Chi ha affrontato con maggiore serenità la vicenda siamo noi. Noi di Forza Italia. Gli scheletri sono in altri armadi».
Vogliamo aprire qualcuno di questi armadi?
«Tocca al Parlamento. Per questo chiediamo con forza una commissione d’inchiesta, come l’avevamo chiesta per le vicende Parmalat e Cirio, misteriosamente cadute nel dimenticatoio in Senato. E se facciamo la commissione bisogna partire dalle vicende Telecom di 10 anni fa, quando al governo c’era D’Alema. Non soltanto perché alcuni nomi di allora si ritrovano nelle vicende di oggi. Gnutti ad esempio. Ma per la dinamica di tutta quella vicenda. E poi riprendere i casi Parmalat e Cirio, quando di fronte ai 20mila miliardi dei risparmiatori andati in fumo ci fu silenzio da parte di Rutelli, D’Alema, Fassino».
La butta addosso all’opposizione?
«No, per carità. Però negli Usa gli affari li fanno quelli che hanno soldi e idee buone. In Italia chi ha fatto soldi con idee buone viene considerato un parvenue da coloro che invece vanno avanti con l’aiuto delle banche e dello Stato. Ma non solo: noi abbiamo un sacco di gente senza una lira, che non è azionista di società, che si permette di incidere sui destini della finanza italiana come nel caso Mps-Unipol-Bnl fanno D’Alema e Bassanini, scontrandosi per di più tra di loro».
Secondo lei c’è allora uno scontro tra il salotto buono e i parvenue. E il salotto buono sta a sinistra e i parvenue a destra?
«Non si può fare una distinzione così manichea. Io dico che alcuni big del mondo economico non politici ma sicuramente dell’area di sinistra, attraverso le Fondazioni bancarie di cui non sono proprietari (i proprietari sono tutti gli italiani) controllano il sistema del credito e attraverso quello hanno incidenza su gran parte dell’economia italiana. Penso alle grandi banche italiane e a persone come Bazoli di Banca Intesa, Mussari dell’Mps, Palenzona di Unicredit o Iozzo del San Paolo».
Ha letto le intercettazioni pubblicate oggi (ieri per chi legge, ndr) che parlano di incontri dei finanzieri d’assalto con Berlusconi, Prodi, D’Alema, Fassino e sinanche con Agag?
«Mi sembrano tutte balle. Vedremo.

Ma sa qual è il vero aggiotaggio? Quello delle intercettazioni pubblicate, dei titoli che fanno i giornali e che riguardano società quotate in Borsa. Bisognerà fare un’inchiesta verso gli uffici che fanno uscire queste carte. Quello che è in atto in questi giorni è un chiarissimo reato di aggiotaggio».

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