Cronache

CAMBIARE MUSICA

CAMBIARE MUSICA

Potremmo avere anche un po’ il dente avvelenato con il sovrintendente del Carlo Felice Gennaro Di Benedetto. É pur sempre il signore che, lo scorso anno, non invitò il Giornale alla tournèe cinese del teatro genovese. Magari, poi, avremmo deciso di non andarci, ma l’invito non arrivò, con una scelta non suffragata da alcun elemento: nè diffusionale, nè di target, nè di attenzione per la lirica...Niente, nulla di nulla. Una scelta sbagliata, sbagliatissima, per la quale però occorre dare atto a Di Benedetto di aver chiesto pubblicamente scusa, proprio dalle colonne del Giornale, con un’intervista che fece assolutamente onore alla sua onestà intellettuale. Anche se la scelta precedente era e resta sbagliatissima.
Potremmo avere un po’ il dente avvelenato. Non è così. Non siamo abituati a giudicare le persone e i ruoli che ricoprono con i paraocchi dell’amicizia e, nonostante quel grave errore, riteniamo che il mandato di sovrintendente di Gennaro Di Benedetto sia stato ottimo e abbondante: ha aiutato i conti del Carlo Felice, per quanto si possano aiutare i conti di un teatro lirico, che non fa utili per definizione; ha firmato cartelloni dignitosi, nei limiti delle necessità di bilancio; ha aumentato moltissimo il numero di spettatori in sala; ha portato al Carlo Felice opere popolari, anzichè mattoni soporiferi; ha ridotto un numero pletorico di dipendenti; ha pensato (o gli è stato attribuito il pensiero) di affidare un ruolo operistico ad Al Bano, una scelta certo azzardata, ma che avrebbe dato una straordinaria visibilità al Carlo Felice in tutta Italia. O funziona che se Walter Veltroni ha l’intuizione di far raccontare l’opera in piazza a Gigi Proietti è un genio e se Gennaro Di Benedetto pensa a portare la voce di Albano Carrisi su un palco lirico è un cialtrone? Ma via, siamo seri.
Sono colpe tutte queste? In qualsiasi Paese civile, sono meriti. Anzi, a Di Benedetto andrebbe fatto un monumento davanti al teatro in piazza De Ferrari al posta di quell’osceno Garibaldi con la mantellina rossa, tarda eredità del situazionismo che tanto piace a Carlo Freccero, consulente culturale del Comune.
E invece. Invece, Di Benedetto è in qualche modo in discussione. Lo staff di Marta Vincenzi, ieri, sul Secolo XIX - la lettura preferita del sindaco, a volte (non sempre, fortunatamente) si direbbe l’unica - ha tirato molto il freno sulla volontà che le era stata attribuita di far fuori Di Benedetto e, contestualmente, di cullare l’idea di portare al Carlo Felice Sergio Cofferati. Questa sì, sarebbe stata un’opera buffa. Ma, fortunatamente, è una panzana.
Certo, comunque, a nostro parere, sul Carlo Felice Marta deve cambiare completamente musica: le cose dette ai sindacati sul «teatro metafora della città» il cui rilancio può avvenire «solo attraverso il coinvolgimento dei lavoratori», con «la concertazione» e con il «consiglio di amministrazione che non prenda solo atto delle cose decise dal sovrintendente, ma ne discuta» sono comunque un brutto segno. É vero che Marta ha spiegato che non è sua intenzione «mettere la prua contro Di Benedetto», ma costringerlo a un malinteso assemblearismo con i sindacati avrebbe lo stesso effetto.
A Genova c’è un manager che sta lavorando bene, ben supportato dal suo consiglio di amministrazione. Punto, stop.

Tutto il resto è di troppo.

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