da Roma
Il confronto? Inevitabile. Basta citare il titolo, Rebecca, la prima moglie, e immediato scatta il riferimento: Hitchcock. I realizzatori della nuova miniserie Rai in onda domenica e lunedì su Raiuno - tratta dal romanzo di Daphne Du Maurier da cui già nel 1940 il mago del brivido trasse un capolavoro da premio Oscar - sanno bene il rischio che corrono. «Ma se si ragiona così, allora, nessun attore italiano dovrebbe più fare Amleto dopo che l'ha fatto Gassman», osserva Alessio Boni (che in Rebecca ha il ruolo già sostenuto da Laurence Olivier). «E poi, tanti giovani non hanno mai visto, non hanno neppure sentito nominare il film», aggiunge la giovanissima Cristiana Capotondi (che deve vedersela col ricordo di Joan Fontaine). «Insomma: il confronto è improponibile - taglia corto il regista Riccardo Milani - anche perché io e la sceneggiatrice Patrizia Carrano abbiamo cercato di dare centralità soprattutto al romanzo della Du Maurier. Il cui tema portante rimane di una straordinaria modernità».
Ne sa qualcosa Cristiana Capotondi, attrice moderna per definizione (protagonista dell'exploit 2006, Notte prima degli esami) eppure attratta da storie in costume (Orgoglio, Luisa Sanfelice, I Viceré) e, in genere, da soggetti di spessore. «La storia è quella di Jennifer - racconta - giovane e inesperta dama di compagnia, che s'innamora del misterioso e ricchissimo Max, vedovo della splendida Rebecca, da tutti rimpianta. Inevitabilmente la ragazzina, che patisce una cronica mancanza dautostima, soffrirà il continuo paragone col fantasma della prima moglie». Un paragone tipicamente femminile, che è di tutte le donne: «E in questo sta la modernità del personaggio. Nonché della storia. Rebecca è un racconto di formazione: la crescita di una ragazza che dovrà lottare per diventare donna, e per imparare ad essere felice». Per la Capotondi (che a causa della messa in onda della miniserie ha dovuto rinunciare a presentarsi nella lista Under 30, a sostegno dell'elezione di Francesco Rutelli a sindaco di Roma) «si sente che Rebecca è stato scritto da una donna». Il personaggio della Danvers, la gelida, terribile governante che custodisce come in un sacrario il ricordo di Rebecca, martirizzando Jennifer, «non è altro che la materializzazione dei limiti della stessa Jennifer. È la ragazza, infatti, a consentirle di maltrattarla, di farsi dominare. La Danvers è la sua ossessione, perché è lei a permetterglielo». E negli austeri panni della diabolica governante, la star della miniserie (prodotta da Guido Lombardo, e interpretata anche da Omero Antonutti e Tomas Arana) una sorprendente Mariangela Melato. «Affrontare una cattiva simile, così totalmente malvagia, è divertentissimo - confessa la grande attrice (che dai tempi de Lavvocato delle donne, dodici anni fa, non aveva più fatto tv, e che durante le riprese dell'incendio finale di Rebecca ha rifiutato la controfigura correndo qualche rischio) -. Nella nostra versione, infine, si allude più chiaramente allomosessualità latente della Danvers, platonicamente innamorata della scomparsa Rebecca, che nel film si era dovuta tacere».
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