Cari colleghi a «stelle e strisce», state sbagliando

La storia della scuola è un lungo elenco di punizioni corporali, gravi e meno gravi.
Nella Roma di Giulio Cesare, il maestro era detto plagosus: un nome che era tutto un programma, perché plagosus vuol dire «colui che sferza». Andando avanti nel tempo, le cose non migliorarono, basti pensare che nel 1524, il rettore di un College di Cambridge fece installare all'ingresso della scuola una gogna. Anche grazie a capolavori come Nicholas Nickleby e David Copperfield, conosciamo i castighi in voga nell'Inghilterra vittoriana. Proprio in quel periodo, il direttore di una private school dello Yorkshire, prima batté un allievo, quindi lo rinchiuse nella lavanderia per un mese; per queste ed altre violenze, il bambino divenne cieco. Processato, l'istitutore se la cavò pagando 300 sterline di multa, perché a quel tempo picchiare un allievo era considerata una efficace «pratica pedagogica».
Ai nostri tempi (riferisco episodi di cui s'è occupata la magistratura; di altri non si saprà mai niente) si va dal costringere l'alunno a stare in ginocchio su ricci di castagna, chiuderlo nell'armadietto, pungerlo con una siringa, legargli per ore le braccia dietro le spalle, fargli fare flessioni fino allo svenimento. Nel 1999 un professore di Como, con un ceffone, ruppe il timpano a uno scolaro di 11 anni.
Qualche anno fa, il premier inglese John Major dichiarò: «Io sono personalmente a favore delle punizioni corporali» e si adoperò per reintrodurle, visto che erano state bandite nel 1987. Successivamente, Tony Blair dettò le regole per picchiare gli inglesini: colpire il posteriore, ma evitare di «centrare testa e volto». Inghilterra e Stati Uniti si ritrovano non solo sulla politica internazionale, anche sui sistemi educativi scolastici, e davvero paiono lontanissimi i tempi della Rivoluzione americana. L'America è uno dei pochi Paesi al mondo che ancora non vieta le punizioni corporali a scuola, anzi, se possibile, le «incrementa». Nella terra di Bush va fortissimo l'uso del paddle, spatola di legno usata per arrossare il sedere degli allievi. Lo Stato all'avanguardia, in questo genere di cose, è il Mississippi, dove ogni anno il 10 per cento degli studenti riceve la sua brava razione di bacchettate. Addirittura, all'inizio dell'anno scolastico, i genitori degli scolari, ricevono un opuscolo informativo riguardo alle punizioni corporali che potranno subire i figli. Benché l'Ottavo emendamento della Costituzione a stelle e strisce, vieti le punizioni «crudeli e inusuali», qualche tempo fa la Corte Suprema di Washington ha stabilito che le misure violente non possono essere applicate ai detenuti, ma vanno benissimo per gli studenti.
Che dire? I comportamenti educativi sono - come sosteneva Marcello Bernardi - sempre e solo indiretti, il che vuol dire essere di esempio ai propri allievi. Dare ordini, proibizioni (senza motivarle) e soprattutto schiaffi o bacchettate, cioè usare dei metodi diretti, non è mai educativo.


Il sottoscritto non è mai stato in America, ma ha ragione di credere che la campanella delle scuole di certi Stati batta lentamente, molto lentamente, tanto lentamente che potresti scambiarla per la Marcia funebre di Chopin.
mardorta@libero.it

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