Carlyle in crisi annulla l’«effetto Fed»

da Roma

È durato poco l’«effetto Fed» sui mercati finanziari internazionali. Il default del Carlyle Capital Group - fondo olandese controllato dall’americana Carlyle Capital, che non è in grado di far fronte completamente a un debito di 21,7 miliardi di dollari nei confronti delle banche - ha provocato paura e sfiducia, innescando ribassi a catena. Il continuo deprezzamento del dollaro, sceso sotto quota 100 yen per la prima volta da dodici anni a questa parte, e il parallelo rialzo del greggio, hanno fatto il resto. L’euro ha quotato 1,56 dollari, mentre il West Texas Intermediate, petrolio di riferimento sul mercato newyorchese, ha raggiunto i 111 dollari al barile. E l’oro ha superato per la prima volta nella storia il limite dei 1.000 dollari l’oncia.
La giornata «no» dei mercati finanziari ha preso il via in Asia, con ribassi consistenti a Tokyo (-3,33%), Shanghai (-2,4%), Hong Kong e Singapore. Secondo Hsbc (Hong Kong & Shangai bank corp), «non è certo che l’Asia possa rimanere indenne dalle ripercussioni del serio rallentamento dell’economia americana»; anzi, è probabile che il «fallout» della bomba Usa colpirà anche le economie asiatiche emergenti. Borse in calo anche in Europa, con Francoforte, Londra, Parigi e Milano che hanno segnato ribassi intorno al punto e mezzo percentuale. Al default Carlyle si sono quindi aggiunte, a New York, le cifre molto negative delle vendite al dettaglio negli Usa in febbraio (-0,6%), che potrebbero certificare lo stato di recessione dell’economia.
Secondo Standard & Poor’s, l’ondata di svalutazioni di bilancio causata dalla crisi subprime è in fase conclusiva. L’agenzia di rating afferma che l’ammontare complessivo delle svalutazioni è pari a 285 miliardi di dollari, venti miliardi in più delle stime precedenti. «La notizia positiva - aggiunge S&P - è che il settore finanziario sembra aver già rivelato la maggior parte delle svalutazioni». Questo però non significa che la crisi dei mercati si sia esaurita. «Le turbolenze dureranno ancora a lungo», prevede S&P. Dello stesso avviso la Banca centrale europea che, nel Bollettino di marzo, avverte: «La tensione è destinata a persistere per qualche tempo».
In questo quadro, il dollaro continua ad andare a picco: ieri, per la prima volta in 12 anni, è sceso sotto quota cento yen; e si è avvicinato alla parità col franco svizzero.

L’euro ha superato quota 1,56 dollari, rendendo poco credibile il mantra ripetuto dal segretario al Tesoro Henry Paulson sull’«interesse Usa al dollaro forte». L’andamento dei mercati e dei cambi è stato discusso alla cena dei Capi di Stato e di governo riuniti in Consiglio a Bruxelles. Ma il comunicato finale del vertice non farà menzione del problema euro-dollaro.\

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