Ma caro Cetto La Qualunque non sei troppo qualunquista?

E se dappertuttamente si sente parlare di Cetto La Qualunque, allora, beh, nessuno può trovar nulla da obiettare: il personaggio è riuscito, ci calza a pennello, è crudele quanto basta per fare simpatia di quella schietta, senza condizioni. E poi è cresciuto lentamente (prima apparizione nel 2003 a Non c’è problema della Rai, esplosione con la Gialappa’s a Mai dire domenica), ha adeguato la propria morfologia fino ad entrare sottopelle a un pubblico sempre più stanco di guzzanterie e crozzate e vergassolate perché, in qualche modo, magari inconsapevolmente chissà, è la loro parodia. «Prima voti e poi rifletti» dice Cetto, che sembra più che altro ironizzare su quel partito trasversale, il Ttb, Tutto tranne Berlusconi, di cui tanti colleghi della risata (consapevole o no) sono ormai ultras. Insomma, Antonio Albanese quando diventa Cetto La Qualunque prende in giro le loro battute, sembra scriversi il copione enfatizzando il Fatto o un editoriale di Travaglio o un lancio del blog di Grillo che spesso sono poi costruzioni immaginarie, castelli di carte e di luoghi comuni che valgono oggi come valevano ieri o ieri l’altro, perché, dai, la promessa di più cemento armato dove non ce n’è abbastanza era già gettonatissima ai tempi di Guido Tersilli medico della mutua, fine anni Sessanta, piena Dc, mica c’era bisogno di Cetto. E la feroce personalizzazione della grammatica - infattamente, tralaltramente, poimente - non ricorda per sublimazione anche il Ciriaco De Mita presidente del Consiglio in visita a Washington da Ronald Reagan? E se proprio bisogna dirlo, chi ne esce male dalla storpiatura di «liberté, égalité, fraternité» in «liberté, egalité, ’ntu culu a te» pare più la sinistra giacobina e dipietrista piuttosto che altro.
Volendo, il suo sito www.partitodupilu.it, spassosissimo tra l’altro sin dagli slogan della campagna elettorale di La Qualunque con tanto di agenda elettorale (31/32 novembre, 30 febbraio, 1 aprile, 31 settembre), è una gigantesca parodia dell’italianità tutta, della destra e soprattutto dell’antidestra (oggi non c’è sinistra, pare) e perciò apolitica, addirittura atemporale non fosse che per quella attualissima suoneria scaricabile di Onda Calabra (musica di Parto delle Nuvole Pesanti, testo originale del bravo Peppe Voltarelli, quantunquemente rifatto da Cetto): un autentico decalogo di ciò che è diventato questo Pulcinella del Duemila, parossistica diramazione del Totò di Votantonio ed altrettanto senza tempo. Antonio Albanese - e il film Qualunquemente diretto dal sottovalutato Giulio Manfredonia in uscita il 21 sarà un tritatutto al botteghino - racconta con eleganza la volgarità, non volgarizza la realtà con le parolacce come spesso fa, ad esempio, la sua collega a Che tempo che fa Luciana Littizzetto. A proposito, l’altro giorno alla corte di Fabio Fazio (mega ascolti con oltre quattro milioni di telespettatori, share 16.52), Antonio Albanese, classe 1964 nato in provincia di Lecco da genitori siculi, sembrava una innocua e divertita parodia pure del padrone di casa, così capace di far passare per verità assoluta la più ossequiosa delle constatazioni volatili.
E chissà allora come sarà questo film Qualunquemente, atteso con fanatica ferocia da tantissimi, sponsorizzato da una costruzione grafica in prima pagina persino dal Manifesto, omaggiato - e ci mancherebbe - anche dal Fatto, vaticinato su Facebook da una quantità di «amici» che sì, voterebbero Cetto La Qualunque come - dicono - voterebbero Marco Travaglio o Beppe Grillo se potessero farlo. Un gigantesco effetto volano che pure Albanese, forse, neanche si aspettava, nonostante i prodromi ci fossero e l’accoglienza a Vieni via con me di Fazio Saviano sia stata quasi furor populi. Ricorda, quest’entusiasmo, pur travasato in un contesto decisamente cabarettistico, quello per L’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, immediato dopoguerra, trionfo popolare dell’antipolitica rancorosa. Come andò a finire, si sa, e di tutti i lettori di quel giornale, e de relativi elettori, non rimane che una parola chiave, il qualunquismo. «Ci siamo andati cauti - ha detto una volta Albanese - perché in giro c’è di peggio.

E di fronte a certi virtuosismi, il mio Cetto è ancora un dilettante». Sarà, però è divertentissimo, anche se il rischio di fare così tanta satira sul qualunquismo è quello di diventare peggiormente qualunquisti, altro che.

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