(...) si limitano allitaliano e se possibile al dialetto, ma il concetto resta quello: cara sindaca, parli per sé. Il fatto di essere stata votata da meno di un genovese su tre la autorizza a indossare la fascia tricolore ma non a dire a tutta Italia che la città, i genovesi, sono scandalizzati e offesi perché non si fa la commissione dinchiesta sul G8. È un ritornello che sembra non aver fine quello che rimbalza in questi giorni con ogni mezzo alla redazione del Giornale. Fax, mail, lettere, telefonate che vogliono ribadire un unico concetto. «Cara signora Vincenzi, la pregherei in futuro di non arrogarsi il diritto di dire cose a nome e per conto dei cittadini di Genova, che in cuor suo potranno anche essere vere, ma che sicuramente non rispecchiano il sentire comune sull'argomento, nemmeno all'interno della popolazione che l'ha votata come Sindaca. Questo non è un trabocchetto a Prodi, ma un'offesa ai cittadini genovesi e alla ricerca di trasparenza della verità», è ad esempio lesordio di Andrea Cevasco. Bissato subito da Luigi Fassone: «Di grazia, gentile signora, perché le va bene il giudizio della magistratura su 25 delinquenti e non le basta più appena, con lo stesso iter di legge, indaga sugli eccessi dei poliziotti?». Eraldo Ciangherotti ritiene piuttosto che «sarebbe un fatto di gravità assoluta se Prodi accettasse ancora una volta di essere ricattato dalla sinistra radicale, per dire sì alla Commissione ».
Le testimonianze di chi in quei giorni non era a stringere le mani e a presenziare a cerimonie con gli Otto Grandi tanto contestati, ma era barricato in casa, a vedere in prima persona quel che accadeva, sono dirette: «Ricordo alla sindaco che quel giorno alle nove del mattino iniziavano nella nostra città devastazioni di ogni tipo contro il bene comune e la proprietà privata. I cittadini genovesi hanno subito e non offeso in tale circostanza». Il tenore delle reazioni al discorso fatto in nome di Genova dalla Vincenzi è sempre lo stesso. Dica pure quello che vuole, ma not in my name.
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