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IL CASO Le spie venute dall'Olivetti e finite al Kgb

La storia di cui ci occupiamo oggi ha dimensioni insondate e potrebbe avere conseguenze gravissime. Basta del resto vedere l’elenco dei comprimari della vicenda, per immaginarne dimensioni e implicazioni: il primo è l’ingegner Carlo De Benedetti, ex patron della Olivetti ed editore di Repubblica e l’Espresso, appena reduce dal brutto incidente procuratogli dai suoi giornali e giornalisti. Il secondo è l’ex presidente degli Stati Uniti George Bush padre. Il terzo è il presidente emerito della Repubblica italiana Francesco Cossiga.
Il quarto è l’ultimo segretario del Pcus Michail Gorbaciov. Il quinto è l’ex ministro degli Esteri italiano Gianni De Michelis. E il sesto è un po’ un Carneade, il signor Roberto Mariotti, protagonista misterioso ed esemplare di una vicenda oscura e ancora attuale, oggi detenuto in semi libertà e intervistato dal nostro Pierangelo Maurizio. La storia di Mariotti, affiorata sulle cronache dei giornali a pezzi e bocconi è stata riesumata inaspettatamente dal Presidente emerito Francesco Cossiga il quale ha scritto una lettera aperta proprio a Carlo De Benedetti (pubblicata martedì su Libero) dai toni fraterni e dal contenuto micidiale ben riassunto dal titolo: «Caro Carlo, ricordi quando la Cia ti accusò e io ti difesi?».
A che cosa si riferisce Cossiga? Ad un episodio sconcertante e poco noto: Cossiga andò nel 1989 in visita ufficiale alla Casa Bianca, quando era presidente George Bush padre, insieme al ministro degli Esteri del governo Craxi Gianni De Michelis. E una volta a Washington i due italiani si sentirono dire, e dovettero leggere sulle agenzie di stampa ispirate dai servizi segreti americani, che la Olivetti di De Benedetti era in rapporti scandalosamente oscuri con l’Unione Sovietica e con il Kgb.
Fu citato un caso specifico ricordato da Cossiga: «La fornitura clandestina di materiale strategico sensibile da parte della società italiana Olivetti ai Paesi dell’Est in violazione dei divieti dell’apposita commissione della Nato». Come si legge nell’intervista di Mariotti, il materiale fornito da dipendenti di rango della Olivetti ai sovietici era il «Tempest», un sofisticato meccanismo per bombardieri, capace di accecare i computer della Nato. Gli americani erano furiosi, Bush era furioso, la Cia era furiosa, ma più furiosi di loro furono Cossiga e De Michelis che decisero di fare quadrato intorno all’imprenditore italiano loro nemico politico, piuttosto che consumare una antipatriottica vendetta. E così fu: una serata tempestosa alla Casa Bianca mise fine allo scandaloso episodio citato dagli americani ma lasciò un'altra ferita aperta nei rapporti fra Italia e Usa.
Il signor Roberto Mariotti, dipendente di Carlo De Benedetti, venne poi condannato per spionaggio industriale e politico a sei anni di reclusione, ma in contumacia perché viveva serenamente e floridamente in Urss dove aveva assunto il cognome della moglie russa e dove faceva affari sotto la protezione del Kgb. È importante sottolineare che in Unione Sovietica anche ai tempi di Gorbaciov tutte le imprese, statali e straniere, pubbliche e private, dovevano essere iscritte in una sorta di albo speciale dell’apposita sezione del Kgb che esercitava su di loro un controllo strettissimo. Era, almeno fino al 1991, impossibile per qualsiasi impresa straniera lavorare in Urss senza accettare la supervisione istituzionale del Kgb di cui le aziende di fatto entravano a far parte nella sezione economica della polizia segreta. Quel che è certo è che la Olivetti era di casa in Urss e tutte le sue attività commerciali, industriali e finanziarie erano seguite con fraterna attenzione dal Kgb che aveva la sua sezione economica di prestigio nell’Istituto Plekanov.
Mariotti oggi chiarisce al Giornale che la vendita al Kgb del Tempest non fu un un caso eccezionale ma «un business parallelo come tante altre volte», e dunque per lui come dipendente Olivetti del tutto normale. Più tardi, da latitante, ritroviamo Mariotti riciclato sotto il cognome della nuova moglie, Stepanov, latitante ma anche vitale affarista sovietico dopo che il Kgb gli aveva consentito di aprire una società con cui lavorava «anche per aziende e banche italiane». Una attività in grazia della quale frequentava, da cittadino sovietico, l’ambasciata italiana dove forse nessuno era al corrente della sua condanna e della conseguente necessità di mettergli un paio di manette ai polsi.
Intanto in Italia c’era chi per la vendita del Tempest in galera c’era finito davvero: uno era il sovietico Victor Dmitriev, condannato a quattro anni e la seconda fu la segretaria di alto rango dell’Olivetti, Maria Antonietta Valente. Nella sua intervista Mariotti ricorda che Dmitriev «fu graziato dal presidente Francesco Cossiga» il che è vero ma quella grazia è il frammento di una lunga storia. Cossiga graziò infatti Dmitriev dopo un faticoso baratto personale con il presidente sovietico Michail Gorbaciov al quale Cossiga chiese, in cambio di Dmitriev, di far uscire dall’Urss la moglie e le figlie del grande generale fuggiasco del Kgb, Oleg Gordiewski, ora ufficiale del servizio segreto di sua maestà britannica. La storia ebbe un amaro risvolto umano: quando la signora Gordiewski raggiunse il marito a Londra gli fece una terrificante scenata per essere stata da lui lasciata nelle grinfie del Kgb e chiese immediatamente il divorzio.
Così tutto finì, in un primo tempo, a tarallucci e vino: Mariotti felice e latitante, Dmitriev graziato, l’impiegata della Olivetti Maria Antonietta Valente agli arresti domiciliari, la signora Gordiewski sana e salva a Londra, il vecchio Gordiewski un po’ triste.
Ma la storia non è finita affatto e la lettera di Cossiga l’ha riaperta drammaticamente: intanto, c’è un mistero irrisolto e sta nella imprevedibile decisione di Mariotti il quale il 22 gennaio 2001 nella Russia post comunista telefona all’ambasciata d’Italia e pretende di essere arrestato e spedito ad Ivrea a scontare la sua pena. Oggi dice di aver preso questa incredibile decisione dopo aver sorpreso la moglie russa a letto con l’amante. Ci sembra una spiegazione fiacca e noi su quella decisione abbiamo alcune idee che per ora teniamo per noi. Ma vogliamo sottolineare che Mariotti racconta come dal Kgb fu fraternamente protetto ai tempi di Gorbaciov e spedito al centro speciale di Blagawieshinsh per sottrarlo a possibili contatti con agenti occidentali.
Vale la pena ricordare che quando questi fatti accadono era già caduto il famoso muro di Berlino e che poi questa vicenda sfuma delicatamente. Oggi il caso è di nuovo aperto perché Cossiga lo ha riaperto e la storia chiede di essere approfondita. È evidente che non si tratta di una storia di ladri di polli, anche se questa è l’impressione che l’astuto Mariotti tenta di accreditare nella sua intervista. La storia ha connotati ancora indefiniti, ma potenzialmente devastanti e i nostri lettori certamente non hanno bisogno che spieghiamo loro perché.
p.

guzzanti@mclink.it

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