La Casta trova il ristorante occupato. Dai camerieri

La crisi, si sa, non risparmia nessuno. Tantomeno le dorate mura di Palazzo Madama (nel tondo), teatro ieri dell’occupazione di una trentina di camerieri che quotidianamente servono politici e giornalisti all’interno del ristorante del Senato. La mensa di Palazzo Madama okkupata come una qualunque fabbrica in agitazione, insomma.
Tutto ha inizio quando, in mattinata, la Gemeaz Cusin, società che gestisce il ristorante del senato e la buvette, invia nove lettere di licenziamento per sei camerieri, due cuochi e un tabaccaio. Il motivo è al limite del tragicomico e, guarda caso, tira in ballo la lotta agli sprechi della politica. Leggere per credere. Sull’onda del malumore dell’opinione pubblica sollevato da numerosi articoli giornalistici, mesi fa l’amministrazione del Senato aveva deciso per un drastico aumento dei prezzi del ristorante: il costo di un filetto di manzo era ad esempio triplicato arrivando a circa 25 euro. Ma l’impennata improvvisa dei prezzi aveva provocato il dimezzamento del numero dei clienti. Mica stupida, la casta: se i prezzi aumentano si va a mangiare da un’altra parte. Perché la crisi non risparmia proprio nessuno e soldi da buttare non ce ne sono.
La Gemeaz Cusin decide così di rescindere anticipatamente il contratto con il Senato e inizia a inviare le prime lettere di licenziamento. Da qui la protesta dei camerieri.

Ma guai a chiamarla occupazione: «È stata solo un’assemblea sindacale», le parole di uno dei camerieri che ha così riassunto la situazione: «La Gemeaz ha chiesto la cassa integrazione per venti lavoratori, noi abbiamo detto di no. Ora sono arrivate le lettere per la mobilità».
Nota di servizio: alle 19.30 di ieri il ristorante era regolarmente aperto. Anche se a prezzi maggiorati, nessuno dei senatori ha così saltato la cena...

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