Il Cav convince Bossi: eviteremo il voto

RomaMoffa’s list a parte, la buona volontà Berlusconi ce la sta mettendo tutta. Al punto da intervenire in diretta a Studio Aperto per chiudere la querelle di questi giorni sulle sue piuttosto accese incomprensioni con Giulio Tremonti. Raccontate dai giornali e sulle quali il Cavaliere non si è mai pronunciato pubblicamente. Almeno fino a ieri mattina, quando ha bollato i rumors come «chiacchiere al vento». Insomma, «non c’è nulla di vero» perché «maggioranza e governo solo solidi e capaci».
Un modo per cercare di stemperare il clima in vista della cena a Calalzo di Cadore, dove ieri sera hanno banchettato Umberto Bossi e lo stato maggiore della Lega insieme al ministro dell’Economia. Con il Senatùr a fare da paciere, perché smentite a parte nelle ultime settimane s’è registrata più di una frizione tra Palazzo Chigi e via XX settembre. Bossi, però, si è convinto che c’è da fidarsi delle rassicurazioni di Berlusconi. Che il federalismo passerà e che ci sono possibilità concrete di arrivare a quell’allargamento della maggioranza che permetterebbe al governo di arrivare a fine legislatura. Merito anche della Moffa’s list, un elenco di una decina di nomi che l’ex leader delle colombe finiane avrebbe recapitato al premier in questi giorni: deputati - del Fli, dell’Mpa, dell’Udc, del gruppo misto e pure uno del Pd - tutti seriamente disponibili ad appoggiare l’esecutivo.
Il lavorio, insomma, prosegue. Anche se non mancano i problemi visto che nel nuovo gruppo parlamentare che si verrebbe a formare dall’ingresso dei nuovi innesti sono in molti a chiedere poltrone di peso. Traduzione: decidere capogruppo e vicecapogruppo (con relativa esposizione mediatica e prebende varie) non è affatto facile. La partita, insomma, resta aperta. Nonostante proseguano i contatti anche con l’Udc. Non tanto con Pier Ferdinando Casini che sulla carta resta contrario a qualsiasi ipotesi di sostegno al governo, quanto con il segretario del partito Lorenzo Cesa, su una linea decisamente più morbida.
Detto questo, comunque andrà a finire, il Cavaliere si sente forte di un rapporto con Bossi che va al di là delle incomprensioni con Tremonti. «Con Umberto non c’è alcun problema», ripeteva ieri a Milano nelle sue conversazioni riservate. Un asse in grado di reggere anche alla spinta di quei colonnelli che nella Lega lavorano insieme a Tremonti per le elezioni anticipate. Le stesse che Berlusconi continua a vedere come fumo negli occhi. I due dovrebbero vedersi per fare il punto a breve ad Arcore, al più tardi lunedì sera. Ma già si sono visti i primi risultati delle lunghe telefonate di questi giorni, visto che ormai da 48 ore il Senatùr si è spostato su una linea decisamente più prudente rispetto all’ipotesi urne.
Ci sta, dunque, che pubblicamente il premier ostenti il massimo dell’ottimismo nonostante sia ben consapevole che il rischio di uno show down con conseguenti elezioni anticipate non sia affatto archiviato. «La maggioranza e il governo - ripete - sono solidi e capaci. E sono sicuro che entro la fine di gennaio in Parlamento ci saranno condizioni per consentirci di portare a compimento la legislatura e a termine il programma». Anche perché «l’Italia ha bisogno di tutto tranne che di elezioni anticipate». E ancora: ha bisogno «soprattutto di stabilità e continuità nell’azione di governo» e se questo lo «chiedono tutti i protagonisti più importanti della nostra società, dall’industria alla Chiesa, vuol dire che si tratta di una richiesta davvero fondata».

Un riferimento, quello alla Chiesa, indirizzato ai centristi dell’Udc nel tentativo di fare pressioni su quell’ala del partito - soprattutto sul territorio e nelle regioni dove a livello locale governano con il centrodestra come Calabria, Campania e Lazio - che spinge per un sostegno al governo. Anche un semplice appoggio esterno.

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